giovedì, Marzo 28, 2024

Bruxelles sul Mes non lascia dubbi: “La ratifica dell’Italia non si negozia”

Il via libera al Mes da parte dell’Italia non dovrebbe essere oggetto di trattativa. E’ questa la sintesi del messaggio che arriva da Bruxelles, dove oggi il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha chiuso una due giorni di Eurogruppo ed Ecofin. “La riforma del Mes è stata definita da tutti gli Stati membri, quindi è importante che gli Stati membri procedano alla ratifica”, ha ribadito il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri delle Finanze Ue. Ma il punto è che l’ok di Roma al nuovo Trattato del Mes non dovrebbe essere vincolato all’ottenimento di altre concessioni su altri dossier. “Naturalmente, se inizi a collegare ogni cosa, diventa più difficile far avanzare le cose e quindi tratterei ogni file a sé stante”, ha detto chiaramente Dombrovskis, rispondendo a chi chiedeva di commentare le richieste del governo italiano. Ieri il ministro Giorgetti ha illustrato ai suoi colleghi europei lo stato dell’arte, ovvero che il Parlamento italiano è contrario alla ratifica, ma ha anche affermato di essere in costante contatto con il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, e con il direttore esecutivo del Mes, Pierre Gramegna, per “la ricerca di una soluzione”.  Dal Fondo Salva-Stati hanno indicato come data limite la fine dell’anno, quando scadranno gli accordi di backstop bilaterali, che dovrebbero essere sostituiti dal nuovo backstop comune, un paracadute finanziario nel Fondo di risoluzione per le banche, alimentato con contributi annuali del settore bancario, per far fronte a eventuali crisi. Il governo italiano vorrebbe vincolare la ratifica al nuovo Mes sia alla riforma dell’Unione bancaria, ma soprattutto alla revisione del Patto di Stabilità, da approvare entro l’anno, su cui l’Ecofin sta già lavorando e che inizierà a discutere nella riunione del 16 giugno. Giorgetti punta a far entrare nella proposta del nuovo Patto una golden rule, ovvero lo scoperto dalla spesa, per gli investimenti su verde, digitale e difesa, nonché quelli per il Pnrr. Bruxelles, tuttavia, pur tenendo aperti i canali con Roma, ha sia escluso che il capitolo Mes si possa riaprire (è un trattato ratificato da tutti gli altri 26 paesi), sia che si possa legare un impegno già preso dall’Italia nel 2020, con altre proposte legislative in cantiere. Insomma, il governo dovrà in qualche modo o riuscire a spiegare alla maggioranza la necessità di avere in Europa il nuovo strumento, anche alla luce delle recenti turbolenze bancarie, fugando anche i falsi miti che si sono addensati sul Fondo Salva-Stati negli anni, o farlo digerire assieme a qualche altro risultato ottenuto a Bruxelles.

Che cos’è il Mes

Il Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism il nome originale) è  stato istituito nel 2012 con la funzione di prestare assistenza agli Stati in difficoltà finanziaria. A partire dal 2017 in sede europea si è iniziato a discutere di una possibile revisione del trattato istitutivo. La discussione si è conclusa il 27 gennaio 2021 con la firma da parte di tutti e 19 i Paesi dell’area Euro. L’Italia è il terzo contributore europeo. Il Mes ha un capitale sottoscritto pari a 704,78 miliardi, di cui il 17,75% garantito dall’Italia (circa 125 miliardi) e ha versato fino ad ora 14,2 miliardi.

La situazione 

L’Italia è l’unico Paese a non avere ancora ratificato il Mes e  senza l’ok dell’Italia il meccanismo non può essere operativo ed è bloccato per tutti. Bruxelles ha di recente intensificato la pressione sul governo Meloni, a sei mesi dal suo insediamento, e un richiamo ufficiale potrebbe arrivare dall’Eurogruppo. Le recenti crisi bancarie – in Svizzera e negli Stati Uniti – spingono a fare in fretta, visto che proprio il Mes è anche uno strumento chiave per affrontarle. Ma l’esecutivo continua a prendere tempo. Resta il fatto che, anche in assenza di riforma, il Fondo salva-Stati continuerebbe ad esistere nella sua forma attuale: la stessa che aveva attirato pesanti critiche per la gestione del salvataggio in Grecia.

I punti più importanti della revisione del trattato

Una delle novità principali della riforma è che si prevede che il Mes possa sostenere il Fondo di Risoluzione Unico per le banche, un paracadute per le banche europee in difficoltà alimentato dalle stesse banche, non dagli Stati. Di fronte a una crisi particolarmente gravesi  potrebbe quindi chiedere un intervento del Mes. A regime, cioè dal 2023, il Fondo di Risoluzione Unico dovrebbe raggiungere una capienza di 60 miliardi, coprendo l’1% dei depositi dell’area Euro. La riforma prevede poi un nuovo meccanismo per attivare l’assistenza finanziaria, dividendo il supporto in due corsie differenziate. La prima (Precautionary Conditioned Credit Line, PCCL), è destinata ai Paesi con le finanze pubbliche in ordine, sottoposto a shock temporanei, a cui viene richiesta la presentazione di una lettera di intenti in cui il Paesi di impegna a continuare a soddisfare i requisiti fissati dal trattato. La seconda viene invece definita “di emergenza” (Enhanced Conditions Credit Line, ECCL). A questi Paesi viene chiesta la firma di Memorandum of Understanding in cui si fissano precisi impegni calibrati sull’entità del finanziamento. Nel dettaglio, il Consiglio dei governatori dovrebbe incaricare il direttore generale del Mes e la Commissione europea, insieme alla BCE, di negoziare con il membro interessato un protocollo d’intesa in cui vengono definite le condizioni da rispettare. Inoltre la riforma del trattato prevede l’introduzione, per i nuovi titoli di Stato in emissione a partire dal 1° gennaio 2022, di clausole di azione collettiva a maggioranza unica. Si tratta di uno strumento che consente a una maggioranza qualificata di creditori di chiedere la ristrutturazione del debito. In altre parole, con la modifica di queste clausole, l’operazione di ristrutturazione del debito di un Paese viene semplificata. L’aspetto controverso del Mes, infatti, consiste nel fatto che, in cambio del prestito, il Paese deve concordare con il Fondo salva-Stati un piano di interventi che permetta di ristabilire le sue finanze e recuperare la credibilità agli occhi degli investitori. Questo, normalmente, avviene attraverso misure impopolari come il taglio delle spese, l’aumento delle imposte e riforme che generalmente riducono la “generosità” dello Stato nei confronti dei cittadini.

Mes, una protezione che conviene anche ai possessori di Btp

Per gli investitori in Btp e altri titoli di Stato dei Paesi più indebitati d’Europa l’esistenza del Mes non può essere considerata contro i loro interessi. I creditori dello Stato italiano, infatti, si dovrebbero sentire rassicurati dall’argine che il Mes rappresenta rispetto al rischio di default. Il conflitto nasce dal fatto che la tutela dei creditori (in questo caso, chi ha comprato Btp) viene considerata determinante per il mantenimento della fiducia a lungo termine nel Paese, anche se nel breve termine rispettare gli obblighi di pagamento agli stessi creditori costa sacrifici. Anche se non si può quantificarne l’effetto è immaginabile che in assenza del Mes i tassi d’interesse sul debito dei Paesi più vulnerabili, come l’Italia o la Grecia, sarebbero in media più elevati e sarebbero a rischio aumento in caso di crisi economica. La presenza del Mes, tuttavia, non garantisce che i possessori di titoli di Stato emessi da Paesi finiti in crisi non possano essere coinvolti in una ristrutturazione e, dunque subire delle perdite. Allo stesso tempo, contrariamente a quanto fu detto durante il dibattito sulla riforma, l’intervento del Mes non implica alcuna ristrutturazione del debito in “automatico”. In altre parole, il prestito del Mes può prevedere la ristrutturazione del debito, ai fini di garantire la solvibilità del Paese solo in condizioni eccezionali, come ha chiarito anche la Banca d’Italia.

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