venerdì, Aprile 26, 2024

Dieta mediterranea, solo il 13% degli italiani la segue correttamente

La dieta mediterranea è stata riconosciuta anche nel 2023 come la migliore del mondo, eppure solo il 13% degli italiani la segue. È quanto emerso da uno studio del Crea Alimenti e Nutrizione, pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Nutrition e basato su un campione di 2.869 persone. È infatti importante che vengano rispettate le indicazioni, rappresentate dalla piramide alimentare, che vede alla base verdure e frutta e solo al vertice carne e dolci. Oggi, purtroppo, queste buone abitudini hanno ricevuto molte contaminazioni, con un incremento nel consumo di prodotti industriali. La dieta mediterranea “contemporanea” presenta molte differenze rispetto alla classica, con un aumento di proteine di origine animale, (49,6 grammi al giorno contro 28,3 della tradizionale), grassi animali (37,8 grammi al giorno contro 20,1 grammi al giorno), grassi saturi (25,0 su 15,8 grammi al giorno) e colesterolo (305,0 milligrammi al giorno su 258,5). Sono i dati emersi da uno studio italiano condotto tra Università Campus Biomedico di Roma e Fondazione città della Carità di Taranto e pubblicata sulla rivista Clinical Nutrition ESPEN, che ha documentato l’evoluzione di questo regime alimentare nell’arco di 70 anni. “È importante valorizzare sempre più la dieta mediterranea come mezzo per mantenere la salute: soprattutto se applicata nel modo corretto, tradizionale. Ridurre l’assunzione di prodotti industriali, limitare gli zuccheri e le carni, in aumento nella cucina moderna anche a causa della naturale modifica delle abitudini quotidiane, che richiedono di semplificare la preparazione dei piatti e di renderla più rapida, è un importante passo avanti e può davvero garantire il benessere e prevenire numerose patologie”, commenta Giuseppe Morino, direttore scientifico del Festival dei 5 colori, la kermesse dedicata a salute e nutrizione in corso fino al 21 maggio al Maschio Angioino di Napoli e promossa da Associazione Pancrazio in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Agricole, il Comune di Napoli, l’Università Federico II e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

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