sabato, Aprile 27, 2024

Usa: i 100 anni di Henry Kissinger, il “Grande Vecchio” della politica estera americana

Compie 100 anni Henry Kissinger. Il Grande Vecchio della politica estera americana per oltre mezzo secolo, prima sul proscenio dell’amministrazione e poi dietro le quinte, ha lavorato, ha orientato tra luci e ombre – tra premi Nobel contestati ed accuse di aver appoggiato, con l’esercizio spregiudicato della sua realpolitik – dittatori e guerre in tutto il mondo. Kissinger, che ancora lavora 15 ore al giorno del suo studio, ha recentemente rivendicato di conservare un ruolo a livello globale in un’intervista con Cbsnews. Dopo aver spiegato che “ci sono buone probabilità” che Xi Jinping e Vladimir Putin prendano una sua chiamata, alla domanda se sarebbe pronto, dietro la richiesta di un presidente, “a volare a Mosca per parlare con Putin”, ha risposto: “Sarei propenso a farlo, ma lo fare come consigliere non come persona attiva”. E riguardo poi allo scenario ucraino, il grande tessitore dei rapporti con Pechino ha le idee chiare: “Ora che la Cina è entrata nei negoziati, ne verremo a capo, penso entro la fine dell’anno – ha detto sempre nell’intervista – parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati”. Non sono mancati poi nell’intervista i riferimenti alla politica interna americana con il centenario Kissinger che si è mostrato scettico su un possibile, nuovo, duello per la Casa Bianca tra l’80enne Joe Biden e il 76enne Donald Trump. “Ci vuole una certa capacità, a livello fisico. Ci sono alcuni vantaggi nella maturità, ma pericoli nella stanchezza ed una limitata capacità di lavorare”, ha spiegato Kissinger che, segretario di Stato tra il 1969 e il 1977, prima al fianco di Richard Nixon e poi di Gerald Ford, è stato invitato alla Casa Bianca da tutti i presidenti degli ultimi 50 anni, con Biden che ancora però mancherebbe all’appello. Con Donald Trump lo statista repubblicano ha avuto un rapporto particolare, svolgendo un ruolo di consigliere ombra del tycoon, che ha incontrato diverse volte prima e dopo la sua vittoria elettorale, tessendo poi le lodi della sua politica estera. “Il presidente Trump unisce un grande spirito decisionale ad una personalità vibrante: è un fenomeno unico nella politica estera americana”, diceva sempre al Post Kissinger che del resto apprezzava anche Barack Obama per “l’alto livello della sua intelligenza”. Giudizi che confermano come in questi anni, nonostante l’età avanzata, Kissinger abbia continuato ad essere non solo un osservatore attento delle vicende globali, ma continua a partecipare al dibattito, a dare la linea con interventi e consigli diretti ai leader. Come quando nell’aprile del 2020, con il mondo paralizzato per il Covid 19, esortava, dalle colonne del Wall Street Journal, Trump e gli altri leader mondiali a combattere insieme contro la “ferocia” del virus, lanciando l’allarme sul rischio che la “pandemia possa cambiare per sempre l’ordine mondiale”. Ma l’esempio di questo ruolo sono le posizioni, anche controverse, che negli ultimi anni ha avuto sull’Ucraina. Hanno infatti provocato un’alzata di scudi a Kiev le dichiarazioni che, lo scorso maggio, quando la guerra infuriava da due mesi e la Russia sembrava ancora avere l’iniziativa, Kissinger ha fatto sulla necessità di avviare “negoziati di pace entro i prossimi due mesi prima che si creino tensioni che non si potranno superare facilmente”. Di fatto consigliava di “tornare allo status quo ante” in Crimea e Ucraina orientale, suggerendo quindi a Kiev una cessione di territori in cambio di pace. D’altra parte già nel 2016, Kissinger – descritto come uno dei pochi americani che ha avuto contatti frequenti con Vladimir Putin – aveva presentato, secondo quanto rivelato allora dalla stampa, all’allora candidato Trump un piano per l’Ucraina che comprendeva l’accettazione dell’annessione russa della Crimea del 2014, con la sospensione delle sanzioni in cambio di un ritiro delle truppe russe dal Donbass. Un piano in linea con la posizione che aveva assunto pubblicamente sulla neutralità che l’Ucraina avrebbe dovuto adottare tra Russia ed Occidente “se vuole sopravvivere e prosperare”, esprimendo quindi contrarietà all’idea di un suo ingresso nella Nato. Su questo però Kissinger ha recentemente cambiato idea, come lui stesso ha annunciato sempre a Davos, lo scorso gennaio, ritenendo che dopo l’invasione russa è diventato “appropriato” l’ingresso di Kiev nell’Alleanza. “Prima di questa guerra io temevo che da questo ingresso potesse iniziare esattamente il processo a cui noi stiamo assistendo, ma ora l’idea di un’Ucraina neutrale in queste condizioni non ha più senso”, ha detto, dimostrando ancora una volta l’adesione ai principi della realpolitik. Parole sicuramente gradite a Kiev, che invece lo scorso maggio aveva tuonato contro Kissinger, con Volodymyr Zelensky che l’aveva descritto come una voce che “emerge da un profondo passato”, con un calendario che “non è del 2022 ma del 1938”, accusando di pensare di “parlare non a Davos ma a Monaco di Baviera”. Parole che sembravano fare riferimento, in modo indelicato, alla storia stesso dello statista centenario, nato il 27 maggio 1923 a Furth in Germania da dove nel 1938 fuggì con la famiglia di origini ebraiche per sfuggire alla persecuzione dei nazisti. La famiglia Kissinger si stabilisce a New York dove Henry frequenta prima il liceo e poi i corsi universitari serali, lavorando la mattina come operaio. Nel 1943 viene arruolato nell’esercito e durante l’addestramento Kissinger, che intanto è diventato cittadino americano, viene notato per la sua conoscenza del tedesco e la per la sua intelligenza ed assegnato alla sezione controspionaggio dell’intelligence militare. “Tutte le persone in gamba hanno iniziato con l’intelligence, anche io”, disse Kissinger ad un giovane, ed ancora poco conosciuto Vladimir Putin, che, incontrato il leggendario ex segretario di Stato, si presentò spiegando di aver lavorato del Kgb. Finita la guerra, Kissinger – che come tutti ricordano non ha mai perso un particolare accento tedesco – torna agli studi, laureandosi nel 1950 a Harvard in scienze politiche e poi, nel 1954 prende il dottorato, sempre nell’ateneo dell’Ivy League, con una dissertazione sul Congresso di Vienna dal titolo “Pace, legittimità ed equilibrio”. Rimasto come docente ad Harvard, Kissinger inizia a lavorare come consulente di diverse istituzioni, compreso il dipartimento di Stato, centri di ricerca e think tank. Il primo impegno politico arriva nel 1960 quando diventa consigliere di politica estera della campagna presidenziale di Nelson Rockfeller con il quale continuerà a lavorare anche per le presidenziali del 1964 e del 1968. Fu proprio durante queste ultime primarie che avvenne il suo primo incontro con Richard Nixon che Kissinger all’inizio definì, forse con una certa lungimiranza, “l’uomo più pericoloso da candidare alla presidenza”.

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