
“La sera del 27 giugno di 43 anni or sono venne scritta una delle pagine più dolorose e buie della nostra recente storia. Un aereo di linea in viaggio da Bologna a Palermo, con 81 persone a bordo, di cui 13 bambini, precipitò nel mare vicino Ustica senza lasciare scampo a nessuno. Fu una tragedia immane. La Repubblica è vicina ai familiari delle vittime ed è partecipe del loro insuperabile dolore. La memoria continua a sollecitare solidarietà e impegno comune”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 43° anniversario della strage di Ustica. “Quando avvenne la tragedia, una cappa oscurò circostanze e responsabilità. Fu difficile aprire varchi alla verità sulla strage; anche a causa di opacità e ambiguità. L’impegno dei familiari è stato prezioso”, aggiunge il capo dello Stato.
“Alla loro tenacia e alla professionalità di donne e uomini delle istituzioni si devono i passi avanti compiuti per smentire l’ipotesi iniziale di un cedimento strutturale del velivolo e ricostruire la dinamica degli eventi. Una completa verità non è stata pienamente raggiunta nelle sedi proprie e questo rappresenta ancora una ferita per la sensibilità dei cittadini. I risultati ottenuti spingono a non desistere, a ricercare i tasselli mancanti, a superare le contraddizioni e rispondere così al bisogno di verità e giustizia”, conclude Mattarella.
E’ un volo tranquillo quell’IH 870. L’aereo è decollato da Bologna con quasi due ore di ritardo ma ormai manca poco all’atterraggio a Palermo, alle vacanze, all’abbraccio con i familiari. La serata è serena, c’è ancora un filo di luce. Poi, all’improvviso, un boato. Il Dc 9-15 dell’Itavia esplode. E si porta via la vita di 81 persone.
43 anni, 81 morti e nessuna verità. Passa il tempo, il muro di gomma che ha coperto la strage di Ustica non è stato abbattuto. Di sicuro sappiamo che il DC 9 della compagnia Itavia in servizio tra Bologna e Palermo si è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato. La ricostruzione più probabile ipotizza che sia stato abbattuto per errore, da chi, non si sa.
Alle 20.59 l’ultimo contatto radio, con la torre di controllo di Roma Ciampino, quando l’aereo è a sud della capitale e inizia a sorvolare il mar Tirreno. Alle 21.04 chiamato per l’autorizzazione di inizio discesa su Palermo (dove era previsto arrivasse alle 21:13), il volo IH870 non risponde. L’operatore di Roma reitera invano le chiamate: lo fa cercare anche da voli dell’Air Malta (KM153, che segue sulla stessa rotta, e KM758), sempre senza ricevere risposta. Alle 21.25 scattano le operazioni di ricerca e di soccorso, che non danno esito. Parti del relitto dell’aereo e alcuni cadaveri riaffiorano dall’acqua la mattina successiva, non lontano dall’isola di Ustica, a sud di Ponza. Il velivolo si è letteralmente disintegrato e si è inabissato in fondo al mare. Non ci sono superstiti tra i 77 passeggeri e i 4 membri dell’equipaggio.
Inizialmente si è parlato di un cedimento strutturale dell’aereo, tesi non supportata da alcun riscontro oggettivo. Poi è stata ipotizzata la presenza di una bomba a bordo: ma buona parte degli oblò del DC-9, malgrado l’esplosione, è rimasta integra; sembra dunque escluso che l’esplosione sia avvenuta a causa di una bomba collocata all’interno del velivolo. Casualmente proprio in quella sera, vari centri radar erano spenti per manutenzione.
La sera del 27 maggio 1980 c’era molto traffico nei cieli del mar Tirreno, e non erano soltanto jet di linea. Quelli erano anni contraddistinti da una forte tensione internazionale. Probabilmente c’è stata una vera battaglia aerea, e il DC9, che non c’entrava nulla, ci è andato di mezzo.






