
“Alla luce di quanto emerso nel processo viene da ritenere che tra il dottor Storari e il dottor Davigo si sia creato un cortocircuito sinergico reciprocamente fuorviante”. “Le modalità quasi carbonare con cui le notizie riservate sono uscite dal perimetro investigativo del dottor Storari, (verbali formato Word, tramite chiavetta Usb, consegna nell’abitazione privata dell’imputato), e le precauzioni adottate in occasione delle disvelamento ai consiglieri – avvenuto nel cortile del Csm lasciando prudenzialmente i telefonini negli uffici – appaiono sintomatiche dello smarrimento di una postura istituzionale”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna a 15 mesi di reclusione, con la sospensione condizionale e la non menzione, nei confronti dell’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, decisa lo scorso 20 giugno dal Tribunale di Brescia, in un passaggio che riguarda i suoi rapporti con il pm di Milano Storari, assolto definitivamente dalla vicenda con al centro i verbali di Piero Amara su una presunta loggia Ungheria. Verbali che, in pieno lockdown, il pm milanese Paolo Storari gli aveva consegnato per autotutelarsi, a suo dire, di un freno messo alle indagini dai vertici del suo ufficio. Il presidente della prima sezione penale Roberto Spanó ha aggiunto che “nel dibattimento non è stato possibile rischiarare compiutamente quanto sia realmente avvenuto all’epoca del fatto e, in particolare, se quella del sostituto sia stata davvero un’iniziativa ‘self made’ o non ci sia stato invece un qualche mentore ispiratore, come pure farebbero pensare alcuni passaggi rimasti in ombra”.






