
Il disegno di legge sul cibo sintetico, che ne vieta – in via precauzionale – la produzione, l’utilizzo, l’importazione e la commercializzazione, è stato approvato in Senato. Con 93 i voti a favore, 28 i contrari e 33 gli astenuti. Il ddl, che passa ora alla Camera, costituisce la prima stretta legislativa in Italia sui mangimi e gli alimenti sintetici, che più propriamente andrebbero definiti “coltivati”. Nel provvedimento, che conta sei articoli in tutto, è contenuta anche una norma che proibisce la denominazione “carne” per gli alimenti ottenuti da proteine vegetali.
La produzione del cibo sintetico Nel cibo coltivato rientrano gli alimenti e le bevande prodotti a partire da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati. Le cellule vengono raccolte senza la macellazione dell’animale e introdotte in un terreno di coltura ricco dei necessari materiali di crescita. Inserite poi in enormi contenitori – detti bioreattori – vengono stimolate in modo da indurne la moltiplicazione. Tale stimolazione avviene grazie a sostanze nutrienti, di cui una parte è estratta dal liquido amniotico dei bovini. Ciò significa che per la carne coltivata è comunque necessario l’allevamento di animali, anche se in misura molto inferiore. Dal processo esce infine un prodotto dall’aspetto e dal sapore simile a quello della carne tradizionale. Tutelare la salute umana, gli interessi dei cittadini e il patrimonio agroalimentare Il provvedimento appena approvato a Palazzo Madama, fortemente voluto dalla maggioranza, mira a garantire il massimo livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini. A ciò si aggiunge la volontà di preservare il patrimonio agroalimentare italiano, un insieme di prodotti di rilevanza strategica in chiave di interesse nazionale. La misura è stata promossa dal ministero dell’Agricoltura e dal ministero della Salute. All’iniziativa legislativa hanno aderito oltre 3 mila comuni e alcune delle maggiori organizzazioni di categoria, in primis Coldiretti.
Da una sanzione di 10mila euro alla chiusura degli stabilimenti In caso di violazione dei divieti, il provvedimento prevede sanzioni amministrative pecuniarie: da un minimo di 10mila euro, a un massimo pari al 10% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso prima di accertare la violazione. Prevista anche la confisca del prodotto illecito, nonché sanzioni amministrative interdittive: si rischia la chiusura dello stabilimento di produzione per un periodo di tre anni e l’impossibilità di accedere a contributi, finanziamenti, mutui agevolati e altre erogazioni, concessi dallo Stato, dall’Unione europea o da altri enti pubblici per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale. Le sanzioni si applicano a chiunque abbia promosso, finanziato o agevolato in qualsiasi modo le condotte ritenute illecite. Il monitoraggio dell’attuazione delle misure sarà effettuato nell’ambito delle attività del ministero della Salute e di quello dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste. I soggetti responsabili dei controlli sono i Nuclei antisofisticazione e sanità (Nas), il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri (Cufa), il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela, della qualità e repressioni di frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) del ministero dell’Agricoltura e, per i prodotti della filiera ittica, il Corpo delle capitanerie di porto – Guardia Costiera. L’approvazione in Senato è stata salutata positivamente dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ritiene il ddl un provvedimento “che ci pone all’avanguardia nel mondo”. L’esponente di Fratelli d’Italia ha festeggiato con un post sui social: “Siamo il primo Paese a vietare commercializzazione, importazione e produzione di cibo sintetico. Un altro fondamentale passo nell’unica direzione che il Governo Meloni conosce: quella dell’interesse nazionale. Avanti così, per l’Italia”.






