venerdì, Dicembre 5, 2025

Inchiesta sulla pandemia, il tribunale ministri archivia Fontana e Gallera

Il tribunale dei ministri di Brescia ha archiviato la posizione del presidente della Lombardia, Attilio Fontana, nell’ambito dell’inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione della prima fase della pandemia da Covid. Era stata la stessa procura di Brescia, guidata da Francesco Prete, a chiedere nei giorni scorsi l’archiviazione di Fontana, dell’ex assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera e degli altri undici indagati, tra cui diversi tecnici romani. Le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza sono già state definitivamente archiviate lo scorso giugno. “Una ventata di verità, per me e per chi con me ha lottato in prima linea contro il Covid”, scrive Fontana su Facebook. “Su questa indagine una certa parte politica ha costruito per anni una campagna di vero e proprio odio contro la Lombardia e contro il nostro operato. Nelle pagine della sentenza di archiviazione – prosegue Fontana – vedo smontate molte delle troppe bufale costruite ad arte su quei mesi drammatici che hanno sconvolto le nostre comunità e provocato un immenso dolore a tante famiglie”. “La contestazione al presidente della Regione Lombardia di non aver introdotto la zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano è, anche astrattamente, infondata”. Lo scrive il collegio speciale del tribunale dei Ministri di Brescia, presieduto dalla giudice Mariarosa Pipponzi, nell’ordinanza di 34 pagine con cui archivia le posizioni di Fontana, Gallera e di altre 12 persone. Con contagi sparsi in regioni diverse, come nel caso della “situazione epidemiologica presente nel periodo contestato al presidente Fontana”, la competenza per l’istituzione della zona rossa “era, in prima battuta, del presidente del Consiglio”, scrivono i giudici, sottolineando poi che “in ogni caso, comunque, la Regione, salvi casi eccezionali, non avrebbe potuto adottare tali provvedimenti senza confrontarsi con il governo, dovendo simili misure essere inquadrate nell’ambito di una gestione dell’epidemia unitaria e non frammentaria ed episodica”. I giudici ricordano inoltre che “l’istituzione di una zona rossa, per sua natura, incide e comprime diritti costituzionalmente garantiti” e ha “ricadute gravissime in termini di occupazione, di crisi sociale e di produzione del Pil nazionale. Si tratta quindi di valutazioni che, per la loro gravità, non è esigibile e neppure auspicabile che vengano assunte senza un’adeguata ponderazione dei dati di conoscenza acquisiti, del loro grado di certezza e delle conseguenze derivanti dall’istituzione di una zona rossa”. E “nei giorni in cui viene formalmente contestata un’omissione al presidente della Regione Lombardia persisteva un grado di incertezza non trascurabile sul livello di infettività del virus”. A Fontana la procura di Bergamo contestava anche “di non aver segnalato con le mail del 27 e 28 febbraio 2020, la situazione di criticità relativa alla diffusione del contagio nei comuni della Val Seriana e di non aver richiesto ulteriori misure di contenimento rispetto a quelle in essere di cui, invece, chiedeva la conferma”. Anche in questo caso dal momento che “il 28 febbraio 2020, la segreteria del presidente della Regione Lombardia inviava al governo, ai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Interno, nonché al commissario Borrelli, una nota alla quale era allegato un report contenente l’andamento epidemiologico al 28 febbraio 2020” i giudici del tribunale dei Ministri di Brescia concludono che “il presidente della Regione Lombardia, alla luce dei dati conosciuti e conoscibili, ha operato nel solco di quanto previsto dal decreto-legge n. 6 del 2020 e ha correttamente fornito al governo i dati a sua disposizione e pertanto la notizia di reato è, anche sotto questo profilo, infondata”.

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