venerdì, Maggio 17, 2024

Bce, nuovo rialzo dei tassi di un quarto di punto, al 4,25%

La Bce si è riunita oggi e ha pubblicato le decisioni di politica monetaria e sui tassi. Nuovo rialzo dei tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale, che porta il tasso sui rifinanziamenti principali al 4,25%, quello sui depositi al 3,75%, e quello sui prestiti marginali al 4,50%. Francoforte potrebbe valutare una possibile pausa in settembre, se l’inflazione dovesse calare ancora. “L’inflazione continua a scendere ma ci aspettiamo che resti ancora troppo alta per troppo tempo”, scrive la Bce nel comunicato al termine della riunione che ha alzato i tassi. “Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi siano a livello sufficientemente restrittivo per tutto il tempo necessario in modo da raggiungere il target di inflazione al 2%. Il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio dipendente dai dati per determinare il livello appropriato dei tassi e la durata della restrizione monetaria”. Christine Lagarde ha avviato il suo ciclo di rialzi nel luglio 2022, quattro mesi dopo gli Usa, e la Bce si è mantenuta su posizioni da falco fino a poche settimane fa. Da giugno qualcosa è cambiato: il dibattito tra falchi e colombe si è riacceso, e molti membri del board chiedono di guardare all’inflazione nominale, che sta scendendo, e non a quella di fondo, che è ancora persistente. Ieri anche la Fed ha alzato i tassi d’interesse dello 0,25%, al livello più alto dal 2001, lasciando anche la porta aperta a ulteriori ritocchi del costo del denaro. In alcuni Paesi, come la Spagna ad esempio, l’inflazione è già tornata sotto il 2%, e il timore è che nuovi rialzi penalizzino inutilmente l’economia. Lagarde dovrà fare una sintesi tra le richieste delle colombe, che vorrebbero una pausa a settembre, e i falchi che vorrebbero proseguire. Ma questi ultimi sono sempre meno: anche il rigido governatore della banca centrale olandese, Klaas Knot, su settembre non vuole fare previsioni perché tutto è possibile, pausa compresa. A favore dello stop ai rialzi giocano i segnali non buoni che arrivano dall’economia dell’Eurozona. Gli indici Pmi a luglio sono ancora tutti sotto le stime. E Francia e Germania – con i dati peggiori – spingono il rallentamento generale dell’Eurozona già entrata in recessione tecnica all’inizio dell’anno. Ieri la Fed ha fatto la sua mossa spingendo i tassi al livello più alto degli ultimi 22 anni. “Restiamo attenti ai rischi di inflazione”, afferma al termine della due giorni di riunione annunciando il suo undicesimo rialzo dei tassi dal marzo del 2022, con il quale il costo del denaro sale in una forchetta fra il 5,25% e il 5,50%, al livello più alto del 2001. “Il processo per far riportare l’inflazione al 2% è ancora lungo”, afferma Jerome Powell indicando che i prezzi potrebbero raggiungere il target fissato nel 2025. Questo, comunque, non significa che la Fed alzerà il costo del denaro fino a quando l’obiettivo non sarà raggiunto. “Ci fermeremo prima”, spiega il presidente della Fed che ha però escluso un taglio dei tassi nel 2023, anche alla luce del fatto che non ci sarà alcuna recessione. Lo staff della Fed, infatti, ha rivisto le sue stime e ora non prevede più alcuna contrazione dell’economia. Al momento gli analisti prevedono un 50% di chance di un rialzo dei tassi in settembre e attendono il consueto appuntamento di Jackson Hole, in Wyoming, alla fine di agosto per capire le intenzioni di Powell. Dopo la Fed e la Bce toccherà alla Bank of Japan pronunciarsi sulla sua politica monetaria venerdì, quando dovrebbe mantenere i tassi invariati. Alcuni analisti restano infatti convinti che le Banche centrali manterranno la barra a dritta sui rialzi anche a settembre, finché l’inflazione di fondo non rallenterà. Notando la persistente inflazione core, che scende a livello globale solo gradualmente, il Fondo Monetario Internazionale ha indicato che le banche delle maggiori economie dovrebbero continuare con i rialzi fino a quando i prezzi saranno sotto controllo.

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