
In Europa circa un lavoratore su 8 ha un lavoro a tempo determinato, quindi precario. L’Italia si colloca al sesto posto di questa speciale classifica, ma registra la tendenza peggiore tra i 27 Paesi nell’ultimo decennio. Il lavoro subordinato a tempo determinato è più frequente tra le persone giovani, tra chi ha un livello di istruzione più basso ed è più frequente tra le donne rispetto agli uomini. Lo dicono i dati del Eu labour force survey (ovvero rilevamento sulla forza lavoro) di Eurostat sul 2022. I lavoratori europei con un contratto a tempo determinato sono circa 24 milioni, il 12,1% degli occupati e il 14% di tutti i lavoratori dipendenti. Per gli over 25 la ragione principale è il non aver trovato un’offerta di lavoro permanente, come ha affermato il 37,7% degli intervistati in questa fascia di età. Analizzando l’ampia fascia sotto i 30 anni, invece, solo il 21,6% attribuisce la causa della precarietà lavorativa alla mancanza di un’offerta a tempo indeterminato. Al contrario, più di un lavoratore su 4 (28,7%) tra gli under 30 indica come causa la sovrapposizione con un percorso formativo in corso. I dati registrati nel 2022 sono in linea con quelli del 2021 e riflettono un lieve ma costante miglioramento rispetto agli anni precedenti. Nel 2013, i lavoratori europei con contratto a tempo determinato erano il 12,9% del totale, un dato che è cresciuto fino al culmine del 2017, quando i precari erano il 13,8% degli occupati. Un crollo importante si è avuto nel 2020, anche se il dato è solo all’apparenza positivo. La percentuale dell’11,9%, infatti, deriva dal fatto che molti precari abbiano perso. il lavoro, uscendo quindi dal novero degli occupati. Significativo il caso dei Paesi Bassi dove i lavoratori subordinati a tempo determinato sono il 23,2% del totale, quasi il doppio della media Ue. Seguono Spagna (18,1%), Portogallo (14,3%), Francia e Finlandia (entrambe con il 14%). La precarietà più bassa si registra nei paesi dell’area baltica e in alcuni dell’Europa orientale. Sul podio dei Paesi dove l’incidenza dei contratti a tempo determinato è più bassa troviamo: la Lituania (1,6%), la Romania (1,8%) e la Lettonia (2,4%). L’Italia, con il 13,5% (16,8% considerando solo i lavoratori dipendenti), si colloca al sesto posto in Ue, ma preoccupa il trend. Il nostro è il Paese europeo in cui l’incidenza dei lavori a tempo determinato è aumentata di più nel corso dell’ultimo decennio: +3,4% tra il 2013 e il 2022. Ancora una volta, rileva l’Istat, pesano le enormi differenze territoriali. Nel Nord della penisola il valore si attesta al 14% circa, nel Centro al 16,3%, in linea con la media nazionale, mentre al Sud la percentuale di precari sale vertiginosamente al 23% degli occupati






