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lunedì, Giugno 17, 2024

Delitto via Poma, “Accelerare le indagini, Simonetta Cesaroni merita giustizia”

“Che si sia riaperto il caso dopo tanti anni è qualcosa di assolutamente positivo, perché significa che la Procura è sempre attiva e vigile su questa vicenda.  E anche che sono stati riscontrati nelle carte elementi che possono essere sensibili di approfondimento e questo ha ridato speranza alla famiglia”. A parlare a Tgcom24 è Federica Mondani, avvocato della famiglia di Simonetta Cesaroni, la segretaria di 20 anni massacrata con 29 coltellate negli uffici degli Ostelli della Gioventù il 7 agosto del 1990 in via Poma, a Roma. “Adesso, però, bisognerebbe accelerare le indagini, perché il tempo non è dalla nostra parte”, aggiunge. L‘inchiesta è riaperta da oltre un anno e mezzo e ancora non si hanno notizie di possibili risultati. La famiglia spera ancora che l’assassino venga individuato?
“I tempi sono quelli rituali. Teniamo conto che le indagini che portarono all’incriminazione dell’ex fidanzato di Simonetta, Raniero Busco, durarono quattro anni. I nuovi accertamenti richiedono tempo. Però, visto che sono ormai trascorsi 33 anni dal delitto, noi speriamo in una accelerazione”.

L’inchiesta contro Busco si è rivelata un buco nell’acqua: l’ex fidanzato era innocente. Temete nuovi errori?
“In questa nuova indagine si è ripartiti dall’inizio, fin dalle primissime battute. Il che accende nuove speranze. Quanto agli errori investigativi, furono dovuti anche alla superficialità, incapacità e alla mancanza di regole di quel periodo. Stiamo parlando del 1990, all’epoca non esistevano i protocolli operativi e l’attenzione alla scena del crimine che abbiamo oggi. Poi, sicuramente, c’è una parte da attribuirsi non a errori, ma a operazioni di copertura. Qualcuno o più di qualcuno riteneva di dover coprire qualcosa o più di qualcosa”.

Negli anni per il delitto sono stati accusati il portiere del palazzo, Pietrino Vanacore, il giovane Federico Valle e poi Raniero Busco. Voi che idea vi siete fatti sull’assassino?
“Potrebbe essere stato una persona di cui Simonetta si fidava, quindi conosciuta. Oppure qualcuno con cui poteva avere avuto un rapporto di confidenza, una figura anche solo incontrata. Oppure qualcuno che, per il ruolo che rivestiva, abbia potuto indurla ad aprirgli la porta. Quindi, una persona non necessariamente conosciuta ma che rivestiva un ruolo professionale, o istituzionale, tale per cui lei lo fece entrare. Vedremo quali saranno le conclusioni delle indagini. Non resta che aspettare. Speriamo solo che facciano presto”. 

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