lunedì, Aprile 29, 2024

D’Agostino racconta ‘Roma santa e dannata’: “Il potere? Si spartisce a tavola’

“Dio si è inventato una città con satana accanto, nella quale non c’è il mondo di dio contro il mondo dell’uomo. Roma tiene insieme tutto, grazie a una capacità che nasce da millenni di storia. Noi abbiamo solo provato umilmente a descriverla, perché non possiamo afferrarla. E già questo è stato un atto di arroganza”. A parlare è Roberto D’Agostino, che con queste parole ha aperto la conferenza stampa del documentario ‘Roma santa e dannata’, presentato oggi alla Festa del cinema di Roma e al cinema il 6-7-8 novembre. Il giornalista è autore e protagonista insieme al critico cinematografico Marco Giusti della pellicola diretta da Daniele Ciprì. Produttore creativo Paolo Sorrentino, che “avrebbe voluto essere il regista di questo lavoro. Voleva farlo diventare una serie tv, che abbiamo scritto. Poi però per altri impegni concomitanti non ha potuto”, ha raccontato Giusti. Di Sorrentino però ritroviamo quel lungotevere dove termina ‘La Grande Bellezza’, e da cui parte di viaggio di Giusti e D’Agostino, due moderni Dante e Virgilio (“o Thomas Milian e Bombolo”) attraverso una città, che come il colonnato del Bernini, accoglie tutti, e in poco tempo li “romanizza”. Chi non l’asseconda, scappa. “Come l’avvocato Agnelli che voleva andare a letto con Marina Ripa di Meana. Arrivato a casa sua la trovò con due uomini e disse: ‘Siamo un po’ troppi’. E andò via”, racconta. D’Agostino. Una Roma trasgressiva e contraddittoria, che è “impossibile capire, ma anche inutile”. Nel documentario, attraverso piccanti e memorabili aneddoti, tornano in vita storici locali notturni della capitale, come il Piper, il Number One, il Muccassassina, il Degrado. A narrarli chi quel periodo rivoluzionario di cambiamento e liberazione dai taboo dell’epoca l’ha vissuto a pieno. Verdone, Vladimir Luxuria, Enrico Vanzina, Sandra Milo, Massimo Ceccherini (solo per citarne alcuni) raccontano le notti interminabili, passate a girovagare di locale in locale, tra alcol, droga e lussuria, di chi voleva non finissero mai. Alla ricerca del piacere. Cosa è rimasto di tutto ciò? “Quando si da un nome a un fenomeno, quello è morto. Nel ’60 quando esce ‘La dolce vita’, la cosa è morta – spiega D’Agostino-. Adesso ad Halloween manco immaginate che accadrà, ma non c’è nome ora”. Roma città di godimento quindi, ma anche del potere politico. “Il voto conta ma non ‘apparecchia”,  spiega D’Agostino rispondendo a una domanda dell’agenzia Dire. Nei pranzi romani infiniti i politici “non stanno a magnà, stanno intessendo rapporti. Gli affari più importanti si fanno a tavola. Bisogna dividere la torta. I nemici si comprano o si seducono. Chi non possiede la cultura del potere, come Renzi, Salvini, Conte, perde consenso. Perche’ la gestione del potere non è ideologica”. E il potere, come il successo, così come arriva se ne va. A Roma tutto è temporaneo e destinato a finire, e ricominciare, lo insegna la storia, ma anche un aneddoto di Carlo Verdone che nel documentario racconta un ormai anziano Alberto Sordi nel suo “giorno da sindaco di Roma”, regalo dell’allora primo cittadino capitolino, Francesco Rutelli, all’attore per i suoi ottant’anni. A ora di pranzo, ricorda Verdone, Sordi era già stanco morto, tanto che aveva deciso di non continuare il suo viaggio per le periferie della capitale, previsto per celebrare il suo compleanno. Mentre si apprestava a prendere il taxi che lo avrebbe portato a casa cadde a terra e il tassista, invece di aiutarlo gli disse: “Beh, ci siamo fatti vecchi Albe’”.  Il grande attore rimase impietrito e ferito da questa affermazione, ricorda Verdone nel documentario. Quello fu il momento in cui in un secondo finì un mito e allo stesso tempo un esempio di classico sberleffo romano. Ma come si sopravvive in una città come questa? “Devi affrontare la vita come un surfista- ha dichiarato D’Agostino-, non devi andare contro l’onda, la devi cavalcare, sennò affoghi. Il nostro scopo è arrivare a riva, non fare il Don Chisciotte contro i mulini a vento”.

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