
Filippo Turetta incontrerà oggi i genitori in carcere a Verona, dove è rinchiuso da quando è stato estradato dalla Germania. Il giovane avrà per la prima volta la possibilità di rivedere il padre e la madre dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin e l’arresto. Il mercoledì non sarebbe giorno di colloqui con i familiari per i detenuti nel reparto infermeria, dove è collocato Turetta, ma dopo l’interrogatorio di garanzia durante il quale il giovane ha ammesso l’omicidio è arrivato comunque il via libera da parte del pm di Venezia Andrea Petroni. I legali della famiglia di Giulia Cecchettin sono pronti a opporsi assumendo “i nostri periti” nel caso in cui l’avvocato di Filippo Turetta voglia usare il “vizio di mente” come strategia difensiva. La strategia sarebbe emersa durante l’interrogatorio avvenuto in carcere dove il 22enne, che ha confessato l’omicidio, ha fatto intendere di essere stato colto da un “raptus”. Ma nessuno crede a questa ipotesi. Almeno non i familiari di Giulia Cecchettin né i legali. Lo dimostrerebbe il disegno del crimine: l’aggressione con il nastro adesivo, che era stato comprato prima dell’omicidio; il ritrovamento del cadavere, trovato in un dirupo tra Piancavallo e Barcis il 18 novembre, nascosto in una grotta con due sacchi neri volti a nasconderlo; e infine la fuga in Germania. Sono elementi che non si coincilierebbero con la tesi della follia. Anzi i legali della famiglia Cecchettin hanno ipotizzato, oltre alla premeditazione, un’altra aggravante: lo stalking. “L’omicidio di Giulia è aggravato dallo stalking – ha affermato al Corriere della Sera Gentile Nicodemo -. Filippo Turetta ha dimostrato di essere un molestatore assillante: il suo comportamento, come sta emergendo da più elementi da noi
già raccolti, è connotato da plurime e reiterate condotte che descrivono ‘fame di possesso’ verso Giulia. Filippo aveva messo in atto un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia. Un uso padronale del rapporto che ha spinto Turetta prima a perpetrare reiterate azioni di molestie e controllo, anche tramite chiamate e messaggi incessanti, e poi, in ultimo l’omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria”.






