di Giuseppe Iacoviello
Il divario di genere resta un problema persistente, soprattutto nel mondo del lavoro, dove si evidenziano sia il gender gap che il gender pay gap. Secondo un’analisi di Lhh, JobPricing e Idem | Mind the gap, sebbene negli ultimi trent’anni le donne abbiano aumentato la loro partecipazione al mercato del lavoro, la parità è ancora lontana. Nel 2022, l’occupazione femminile ha superato il 51%, contro il 69% maschile, con un tasso di disoccupazione più alto per le donne (9,5% contro 7%). Nonostante una maggiore partecipazione economica, le donne trovano meno lavoro e, scoraggiate, rinunciano più facilmente a cercarlo. La differenza è più marcata tra le non laureate, mentre tra i laureati le donne occupate superano gli uomini. Il divario salariale resta significativo: nel settore privato, il gender pay gap nel 2022 è stato dell’8,7% sulla retribuzione annua lorda e del 9,6% considerando le componenti variabili, con una differenza di circa 2.700-3.000 euro lordi all’anno. A livello europeo, l’Italia ha uno dei più alti gender overall earnings gap (43%), superata solo da Paesi Bassi, Austria e Svizzera. Le donne restano sottorappresentate nei ruoli dirigenziali: nel privato, solo il 17% dei dirigenti e il 31% dei quadri sono donne, mentre nel pubblico la situazione è leggermente migliore. Nei settori di auditing, compliance, legale e risorse umane si registra una maggiore presenza femminile tra i manager, ma tra le aziende quotate solo il 2% delle amministratrici delegate e il 3,8% dei presidenti di CdA sono donne. Il “soffitto di cristallo” e il “pavimento appiccicoso” continuano a ostacolare la crescita professionale femminile, danneggiando la competitività delle imprese e della società.






