venerdì, Maggio 3, 2024

Al via il Cdm, sul tavolo il Def: solo “dati tendenziali” in attesa del patto di stabilità europeo

È iniziata a Palazzo Chigi la seduta del consiglio dei ministri, sul tavolo il documento di economia e finanza (Def), l’ultimo prima della revisione delle regole di governance economica dell’Unione, che si limiterà ai dati di bilancio tendenziali, senza scoprire le carte su quelli di programma. Con la spada di Damocle per i conti pubblici rappresentata dai bonus edilizi che il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti definisce “un’eredità pesantissima”. E con l’eventualità di una manovra correttiva che il capo del ministero allontana: “No – risponde alla domanda se sia necessaria una correzione di rotta per fronteggiare l’impatto del superbonus sul debito: sicuramente vogliamo rispettare gli obiettivi della nota di aggiornamento al Def dello scorso autunno per una questione di credibilità, se c’è qualcosa da correggere la correggeremo, ma sostanzialmente siamo in linea”. Il Def prende dunque forma, con l’incertezza sulle cifre finali degli aiuti al settore edilizio. Nei dati mensili l’Enea certifica detrazioni maturate finora col superbonus per 122,24 miliardi a fine marzo, un numero che continua a crescere e il cui saldo finale è visto salire sopra i 210 miliardi. Una cifra superiore a quella degli investimenti del Pnrr. Quegli aiuti nati nell’emergenza pandemica hanno però dato una spinta al rialzo del Pil, consentendo, assieme alle ultime statistiche in miglioramento sull’economia italiana, di mantenere intorno all’1% la crescita economica che verrà certificata nel Def per il 2024. Crescita poco distante dall’1,2% della Nadef dello scorso autunno, sebbene superiore ai numeri Indicati da Banca d’Italia, Fondo monetario internazionale e Commissione europea.  Il grosso del deficit da bonus edilizi, poi, si sarebbe scaricato sul 2023 (al 7,2% del Pil la stima più recente) e il documento in arrivo manterrebbe la stima per quelli da scaricare sul 2024 grosso modo sui livelli indicati nella Nadef al 4,3%, con un debito appena sotto Il 140% del Pil contro il 140,1%. Giorgetti presenterebbe dunque solo un quadro tendenziale triennale nel Def, non invece il quadro programmatico: come aveva fatto l’esecutivo Draghi con la Nadef di fine 2022, per non legare le mani al governo successivo. In questo caso la motivazione che porta il ministro a questa scelta è legata al nuovo patto di stabilità che rivede il calendario e la forma dei documenti da presentare all’Unione europea.  Un orientamento che però accende l’opposizione: “sarebbe un fatto fortemente negativo, di fronte ad un deficit 2023 enormemente superiore alle previsioni iniziali e un’economia che va peggio delle (ottimistiche) stime di settembre”, dice Antonio Misiani, responsabile economia del Pd. Un Def tendenziale senza quadro programmatico “non farà capire agli italiani le dimensioni della manovra economica” – rincara la dose Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi-Sinistra): “la destra al governo non vuole far sapere agli italiani prima delle elezioni europee che finora ha fatto solo bluff”. Con il 2025 poi si avvicina la necessità di rifinanziare – con uno scostamento rispetto al deficit tendenziale per il 2025 che sarebbe fissato al 3,6% – il taglio del cuneo fiscale e l’Irpef a tre aliquote, con un costo complessivo di circa 15 Miliardi. Inevitabile puntare su più crescita che, fatta salva una svolta sul quadro globale, rende sempre più centrali gli aiuti europei del Pnrr. E magari, nel piano di rientro del debito da presentare a Bruxelles, rispolverare il capitolo delle riforme strutturali, l’altra faccia dei quasi 200 miliardi del Programma di aiuti europei. Superato, a giugno, l’appuntamento delle europee, con una nuova Commissione Ue e in mano cifre più definitive sui bonus edilizi, sarà inevitabile fornire un quadro economico di programma. Ci sarà da far quadrare un quadro pluriennale di finanza pubblica con le nuove regole europee. Che guardano anche alla sostenibilità del debito, aiutata dalle privatizzazioni, ma con venti contrari dati dalla crescita tendenziale di due decimali inferiore rispetto alla previsione della Nota di aggiornamento, da un’inflazione più bassa, da spese per interessi che sono in aumento, ancorché la Bce si appresti a tagliare i tassi a giugno. 

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