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domenica, Giugno 16, 2024

La strage di Fidene, mesi prima l’allarme sul Poligono, ma la Pec fu ignorata

Una strage che forse poteva essere evitata. Falle e criticità sulla sicurezza al Poligono di tiro di Roma erano state segnalate dieci mesi prima dell’11 dicembre del 2022 quando Claudio Campiti uccise quattro donne – che stavano partecipando ad una riunione di condominio – ma non furono portate all’attenzione del dirigente di polizia per “una svista”. È quanto emerso nell’udienza del processo a carico del killer, accusato di omicidio plurimo, e del presidente della sezione di Roma del Tiro a segno nazionale e di un dipendente, accusati di reati omissivi. Quella tragica mattina di due anni fa Campiti, senza alcun controllo, riuscì a ‘prelevare’ dal Tiro a segno di Tor di Quinto l’arma e 170 proiettili poi utilizzati per seminare morte e terrore in un quartiere della Capitale. Sulla situazione del Tiro a segno, già nel febbraio del 2022, erano state inviate dalla polizia almeno tre note in cui si metteva in luce i buchi nella sicurezza. Le tre comunicazioni furono inviate dal commissariato di Ponte Milvio, ma non portarono a provvedimenti. Un’iniziativa scattata dopo che il 13 febbraio del 2022 un uomo inviò una segnalazione su ‘Youpol’ annunciando l’intenzione di andare a prendere una pistola a Tor di Quinto e di voler andare in Vaticano per “risolvere questioni personali”. Alcuni giorni dopo un ispettore di polizia si recò al poligono e riscontrò gravi criticità. “Notai subito che non c’erano controlli all’entrata e all’uscita – ha detto il commissario, sentito come testimone, davanti ai giudici della Corte d’assise della Capitale. Fra l’armeria e la linea di tiro c’erano circa 200 metri, si passava dal parcheggio e dal cortile, dal quale era possibile uscire senza passare per alcun controllo – ha detto l’ispettore in aula rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò -. Ne parlai con il presidente del poligono, gli dissi che questa prassi non era giusta e che non si poteva continuare così”. In aula è stata, quindi, sentita l’allora dirigente della divisione di polizia amministrativa, ufficio a cui erano state trasmesse le note. “Non furono viste dall’operatore, è stata una svista – ha risposto-. Nel nostro ufficio arrivano migliaia di pec al giorno, ma un fatto del genere non è mai avvenuto sotto la mia dirigenza. È stato purtroppo un caso unico”. E ancora: “È stata una disattenzione – ha aggiunto la teste – una svista dell’operatore. Le tre note sul poligono non sono mai state portate alla mia attenzione”. Parole che hanno scatenato la reazione dei parenti delle vittime presenti nell’aula Occorsio. “Siamo sempre presenti in questo processo per capire tutte le cause che hanno portato a questa situazione ma avere una persona, che rappresenta un’istituzione, che assume un atteggiamento come quello che ha osservato oggi in aula non contribuisce alla verità. Le risposte arrivate oggi non stanno dando un contributo alla verità”, ha commentato Giulio Iachetti, marito di Fabiana De Angelis, una delle quattro donne che perse la vita in quella drammatica mattinata di due anni fa.

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