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lunedì, Giugno 17, 2024

Planetario di Roma, vent’anni di viaggi tra stelle e pianeti

Il Planetario di Roma festeggia vent’anni dalla sua inaugurazione al Museo della Civiltà Romana dell’Eur. Un compleanno simbolico che ne ha segnato la rinascita, sotto il profilo scientifico e divulgativo. Per celebrare questa ricorrenza, in programma fino a oggi, domenica 26 maggio, una serie di attività speciali rivolte a ogni fascia di pubblico (ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria al call center 060608 – attivo tutti i giorni ore 9 alle 19 – fino a esaurimento dei posti disponibili). Per informazioni www.planetarioroma.it

Il planetario in questi vent’anni ha fatto viaggiare attraverso il cosmo migliaia di persone, ha rappresentato un luogo dove emozione e scienza si incontrano, dove la scoperta di pianeti, stelle e galassie è un’emozione immersiva unica e irripetibile grazie a spettacoli interamente dal vivo. Situato all’Eur, in una parte dell’edificio del Museo della Civiltà Romana, il Planetario di Roma è dotato di una cupola di 14 metri di diametro, sulla quale vengono proiettate immagini ad alta risoluzione e perfettamente realistiche di pianeti, stelle, luci e ombre dello spazio. Le proiezioni vengono gestite attraverso un sofisticato software, Sky Explorer, che consente di simulare l’intero universo virtualmente e in tempo reale nel corso degli spettacoli. Se il cervello del Planetario è la sua raffinata e avanzata tecnologia, la sua anima è un team appassionato, che conta un astronomo, due astrofisici e un geologo. Gabriele Catanzaro, uno dei curatori scientifici del Planetario con un’esperienza ventennale, spiega: “Abbiamo un database costantemente aggiornato con le ultime scoperte provenienti da enti e istituti di ricerca, da cui selezioniamo di volta in volta immagini per creare tutte le possibili ambientazioni. E’ come possedere un grande cappello magico da cui estrarre e dirigere, come fa un regista, gli attori che nel nostro caso sono corpi celesti, come i pianeti e le stelle”. Il mix di competenze di questo gruppo di lavoro comprende anche esperienze pregresse nel settore teatrale e radiofonico, tutte abilità che hanno nutrito il linguaggio utilizzato per le performance. Oggi è proprio questa la caratteristica distintiva del Planetario di Roma rispetto ad altri presenti in Italia o all’estero. “Abbiamo cercato di creare un nostro linguaggio – prosegue Catanzaro – con un rigore scientifico nei contenuti ma capace di alimentare un’esperienza emozionale, attraverso diversi elementi, come la musica e la narrativa. Non ci piace diminuire la complessità di un aspetto. Quando riusciamo ad aprire le porte a una condivisione con il pubblico rilassato sulle poltrone in sala, possiamo comunicare ogni genere di argomento anche il più difficile”. Alla base degli spettacoli c’è l’idea che non esistano ambiti culturali separati tra scienza, filosofia, astronomia e arte. “Del resto – sottolinea il curatore – gli antichi scienziati erano anche artisti, filosofi. La cultura è cultura, non esiste distinzione tra cultura umanistica e scientifica”. Proprio per questo, l’unico format non autoprodotto e confezionato che viene proiettato al Planetario di Roma è Space Opera, un viaggio interplanetario sulle note della suite “Op.32: The Planets” di Gustav Holst, che aggancia perfettamente l’impostazione romana. Una delle punte di diamante della programmazione è lo spettacolo “Ritorno alle stelle” che narra il rapporto di Roma con gli astri e i nessi dell’astronomia con quello che ci circonda sulla Terra. Dalla Capitale si parte per un percorso che attraversa lo spazio e il tempo, partendo dall’Antica Roma fino alle sonde spaziali. Catanzaro lo racconta così: “Passiamo per Campo de’ Fiori e la statua di Giordano Bruno, il primo a chiedersi se esistono altri mondi. Raccontiamo le prime osservazioni fatte da Roma e mostriamo i legami tra volta celeste e il Circo Massimo disposto in base a un concetto cosmogonico, in cui i carri in competizione portavano i vessilli del pianeta. E ancora ricreiamo sulla nostra cupola il Pantheon proiettando nelle nicchie le immagini delle opere custodite nei Musei della Capitale”.

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