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martedì, Ottobre 8, 2024

Franco Califano, un museo ad Ardea con i suoi ricordi: le lettere di Mina e Mogol, gli arredi e tanto altro

Lo spirito, la creatività e le abitudini di Franco Califano rivivono nel museo di Ardea a lui dedicato. Califano dal 2013 riposa nel cimitero di Ardea insieme al fratello e al nipote.
Sulla sua lapide c’è una scritta diventata celebre: “Non escludo il ritorno”, che è anche il titolo di una sua canzone. Ogni anno migliaia di fan provenienti da tutta Italia vengono a portare un fiore al loro idolo. Il “Califfo” ha scelto Ardea come ultima dimora e gli amici di sempre lo hanno voluto ricordare allestendo, in un locale in via Catilina nel centro storico messo a disposizione dal Comune di Ardea, alcuni angoli dell’abitazione dell’artista. Nella casa-museo sono gli arredi, le chitarre, il pianoforte, i dischi, le foto come se Franco Califano fosse ancora lì. Chi frequentava casa sua ha riconosciuto gli scorci, su alcuni oggetti si avverte ancora l’odore. In questa casa dei ricordi c’è la poltrona su cui Califano passava gran parte del tempo quando era a casa, quasi una “culla”, della quale curiosamente il Maestro è sempre stato quasi geloso. E poi tante foto. Era un cultore della sua immagine degli anni ‘70. Si piaceva com’era un tempo, fino a quel tempo, fino a quando dallo sguardo “gli rubarono l’innocenza”, come disse un giorno Califano alla sua assistente. Infatti Franco Califano finì in carcere nel 1983 con accuse pesantissime: traffico di droga e associazione per delinquere di stampo camorristico. Rientrò nella maxi operazione che portò all’arresto di Enzo Tortora. Lo accusava soprattutto un pentito eccellente, lo stesso che fu alla base della tragedia di Tortora: Gianni Melluso, detto “Gianni il bello”, pagato dalla camorra per demolire personaggi che in quel periodo erano su tutti i giornali. Fu un clamoroso errore giudiziario: alla fine il cantante fu scagionato completamente da ogni accusa, ma fu costretto a restare diversi mesi in carcere, a subire processi da innocente, oltre a una gogna mediatica enorme. Ecco l’innocenza perduta. Al muro sono appese anche le lettere di Mina, sua cara amica, o di Mogol che fece visita alla casa museo due anni fa. Negato per la tecnologia, Califano era però gelosissimo del suo telefono cellulare. Poche ore dopo la sua scomparsa, il 30 marzo 2013, la sua assistente l’ha spento e non è stato più riacceso. Lui era il “re” degli sms: niente whatsapp, solo lunghi messaggi. Amava scrivere in ogni occasione, sul suo comodino c’erano sempre penna e fogli, un’esigenza che aveva fin da bambino e che viene ora riproposta nella casa museo, con un angolo dedicato agli appunti.

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