Martedì, i carri armati israeliani hanno aperto il fuoco sulla folla che cercava di ottenere aiuti dai camion a Gaza, uccidendo almeno 59 persone, secondo fonti mediche, in uno degli episodi più sanguinosi mai registrati in un contesto di crescente violenza, mentre i civili disperati lottano per il cibo. Un video condiviso sui social media mostra una dozzina di corpi mutilati in una strada di Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale. L’esercito israeliano ha ammesso di aver sparato nella zona e ha affermato di voler indagare. Testimoni intervistati da Reuters hanno riferito che i carri armati israeliani hanno lanciato almeno due proiettili contro una folla di migliaia di persone che si era radunata sulla principale strada orientale che attraversa Khan Younis nella speranza di ottenere cibo dai camion di aiuti che percorrono quella strada: “All’improvviso, ci hanno lasciato avanzare e ci hanno fatto radunare tutti, e poi hanno iniziato a cadere proiettili, proiettili di carri armati”, ha detto Alaa, un testimone oculare, intervistato da Reuters all’ospedale Nasser, dove i feriti giacevano sdraiati sul pavimento e nei corridoi a causa della mancanza di spazio. “Nessuno guarda queste persone con pietà. Stanno morendo, vengono fatte a pezzi, per procurare cibo ai loro figli. Guardate queste persone, tutte queste persone vengono fatte a pezzi per ottenere la farina per sfamare i loro figli”. I medici palestinesi hanno dichiarato che almeno 59 persone sono state uccise e 221 ferite nell’incidente, almeno 20 delle quali in condizioni critiche. Le vittime sono state trasportate d’urgenza in ospedale a bordo di auto civili, risciò e carretti trainati da asini. È il peggior bilancio delle vittime in un solo giorno da quando gli aiuti sono ripresi a Gaza a maggio.”Credo che sia un momento nel quale si può arrivare a un cessate il fuoco a Gaza. Ho condiviso questo mio sentimento con tutti, con tutte le persone con le quali ho parlato in questi giorni. E con tutte le persone che erano al vertice e ho trovato convergenza. Tanto che questa comune posizione è nel documento finale del G7. Significa che siamo tutti convinti che bisogna spingere per questo risultato”. Lo dice la premier Giorgia Meloni in un punto stampa al termine del G7 in Canada. “Io ho sempre sostenuto il piano di ricostruzione presentato dai Paesi arabi – aggiunge – Credo che il ruolo dei Paesi arabi, segnatamente dei paesi del Golfo, nella regione sia un ruolo fondamentale. E credo che noi dobbiamo sostenere la responsabilità di questi paesi nel trovare e nell’aiutarci a trovare una soluzione su Gaza. Quindi, nel caso ci fosse un cessate il fuoco, io ripartirei da lì”.”Netanyahu ha un interesse personale e politico ad andare avanti su tutti i fronti: ma mentre quando procede allo sterminio dei palestinesi a Gaza provoca un moto di esecrazione collettivo, quando dirige i suoi missili sull’Iran sa che il suo grado di impopolarità diminuisce. Perché, scusi il cinismo, ma molti pensano che Israele stia facendo il lavoro sporco per tutti”. Lo ha affermato in un’intervista a La Stampa l’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, oggi senatore indipendente eletto nelle liste del Pd. Casini si dice “colpito” dal ruolo di Trump. “O è complice, o è incapace di fermare Netanyahu: in ogni caso mi sembra subalterno al premier israeliano”, ha dichiarato. Quanto alla proposta di Vladimir Putin come mediatore “è una follia allo stato puro. Dare le chiavi di questo conflitto a Putin, al principale responsabile di un’altra guerra catastrofica, è come consegnare ai ladri le chiavi di una banca”. E sui passi che sta compiendo Giorgia Meloni “è in una posizione difficile: sa che i suoi interessi sono in Europa, ma la sua parte politica sta con Trump, per cui le tocca muoversi in un sentiero stretto”, ha spiegato Casini. “Mi pare però che stia tenendo una posizione decorosa, ad esempio sull’Ucraina”, ha aggiunto ancora mentre per quanto riguarda il Medioriente “su Israele e Palestina non si può dire due popoli e due Stati e basta. L’enunciazione di principio va accompagnata al no a nuovi insediamenti nei territori palestinesi che il governo israeliano ha deliberato ancora la settimana scorsa. Su Gaza, credo che Meloni debba fare di più”. “Nei quasi cinque mesi trascorsi dal 21 gennaio, Israele ha portato avanti nella Cisgiordania occupata la più devastante operazione militare dai tempi della seconda Intifada”. Lo denunciano rappresentanti di Amnesty International sulla base di una ricerca appena condotta dalla stessa Ong, storico baluardo della tutela dei diritti umani con sede a Londra, sottolineando come ciò che avviene in questa porzione dei territori palestinesi sia stato in qualche modo oscurato sui media prima dai devastanti raid nella Striscia di Gaza e ora dalla guerra con l’Iran. La ricerca di Amnesty indica che dal 21 gennaio ai primi giorni di giugno le forze israeliane hanno ucciso almeno 80 palestinesi in Cisgiordania, tra cui 14 minorenni: nell’ambito di un’operazione militare iniziata nel campo profughi di Jenin, estesa fin dal 27 gennaio a quelli di Tulkarem e successivamente alla cittadina di Tammoun e al campo di al-Farah. Sebbene le forze israeliane si siano ritirate da al-Farah il 12 febbraio, rimangono tuttora schierate nei campi di Jenin e Tulkarem, dichiarati “zona militare chiusa” al pari di quello di Nur Shams. Una situazione segnata da sgomberi di massa, dalla distruzione di centinaia di alloggi e di varie infrastrutture vitali (testimoniata da video amatoriali che Amnesty ha visionato), nonché da misure draconiane adottate contro ogni visita di osservatori esterni. E soprattutto per “impedire – come dichiarato apertamente dallo stesso ministero della Difesa israeliano – il ritorno delle persone residenti”.
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