Un anno dopo la morte di Satnam Singh, il bracciante indiano abbandonato davanti casa dal datore di lavoro dopo un incidente in serra, iniziative e cortei in tutta Italia ricordano la sua storia e denunciano lo sfruttamento nei campi. A Latina, dove Singh perse la vita dopo essere stato soccorso troppo tardi, si è tenuta una manifestazione promossa dai sindacati e dalle associazioni. “Nessuno deve più morire così”, hanno detto i partecipanti. “Un anno fa, dopo 36 ore di agonia, moriva Satnam Singh. Se fosse stato soccorso in tempo, si sarebbe potuto salvare. Ma non è accaduto, perché il nostro non è un Paese buono”, ha dichiarato il segretario generale della Cgil Roma e Lazio, Natale Di Cola. Il sindacato si è costituito parte civile nel processo in corso. “Nel corso dell’anno – ha aggiunto – sono arrivati controlli, denunce, richieste di aiuto e solidarietà. Siamo rimasti in contatto con i familiari di Satnam in India e con la moglie Soni, anche lei vittima di sfruttamento”. La Cgil continuerà a lavorare per la piena applicazione della legge regionale contro il caporalato e per il rispetto dell’ordinanza che vieta il lavoro nelle ore più calde. Anche a Roma, Bologna, Reggio Emilia e in altri comuni a forte presenza agricola sono stati organizzati presìdi. In Parlamento resta in discussione la proposta di legge per il contrasto al caporalato, mentre i dati continuano a segnalare condizioni critiche per migliaia di lavoratori stranieri impiegati nell’agricoltura. Satnam, 31 anni, aveva perso un braccio mentre lavorava con un macchinario agricolo. Invece di chiamare i soccorsi, il titolare lo aveva caricato su un furgone e lasciato davanti alla sua abitazione. Morì poche ore dopo.