martedì, Agosto 5, 2025

Ardea, condoni mai: la regolarizzazione silenziosa che cambia volto alle Salzare

Sui condoni infuria la polemica ad Ardea: il concetto in sintesi è il seguente: non ti concedo il condono, ma nemmeno te lo nego. E nel frattempo ti collego luce, acqua, gas e fognature. È questo il cuore dell’ultima delibera della Giunta comunale di Ardea, che ha autorizzato l’attivazione delle utenze essenziali per le abitazioni delle Salzare con domanda di condono presentata ai sensi delle leggi 47/1985 e 724/1994. Un provvedimento che, dietro l’obiettivo dichiarato di tutelare la “salubrità e l’igiene pubblica”, finisce per stabilizzare una situazione che la legge considera ancora provvisoria. Ma il rischio è ben più ampio: quello di creare una regolarizzazione di fatto, estesa a interi quartieri nati senza pianificazione, su terreni non urbanizzati, spesso soggetti a vincoli ambientali e giuridici. In altre parole, una forma di lottizzazione abusiva mascherata, legittimata a posteriori attraverso l’accesso ai servizi. Un elemento chiave, taciuto nel provvedimento ma centrale nella vicenda, è quello degli usi civici: antichi diritti collettivi che insistono su molti dei terreni delle Salzare. Una sentenza della Corte d’Appello di Roma del 1996 li ha definiti “privati ma gravati”, confermando l’esistenza del vincolo. Questo significa che qualunque sanatoria edilizia sarebbe subordinata alla previa liquidazione degli usi civici – passaggio tecnico e legale che, ad oggi, non risulta essere stato compiuto. Eppure, con l’attivazione delle utenze, si apre una scorciatoia amministrativa che aggira questi nodi: non si entra nel merito delle domande di condono, molte delle quali mai istruite in oltre trent’anni, ma si agisce come se fossero comunque valide. A rendere ancora più evidente la distorsione normativa è il trattamento riservato alle richieste presentate in base alla legge 326/2003, più stringente e puntuale proprio sui terreni con usi civici: queste domande sono escluse dagli allacci. Il risultato? Chi ha fatto richiesta nei decenni scorsi viene favorito, pur senza aver ottenuto un parere definitivo, mentre chi ha seguito le procedure più recenti e trasparenti resta tagliato fuori. Un paradosso che alimenta una profonda disparità tra cittadini e che premia la permanenza nell’ambiguità, invece che la regolarizzazione chiara e fondata su norme aggiornate. Questo atto segue altri provvedimenti della Giunta Cremonini, come quello sul “mantenimento provvisorio” per gli immobili produttivi. Ma con le abitazioni il tema è più delicato: si parla di migliaia di famiglie, ma anche di una pianificazione urbanistica assente o rinviata per decenni, dove ogni misura temporanea rischia di diventare definitiva per inerzia. Nel silenzio delle risposte definitive – tra condoni mai conclusi, vincoli mai rimossi e urbanizzazioni mai pianificate – si sta consolidando una regolarizzazione sommersa, che ha il sapore della sanatoria, ma senza gli atti formali, i controlli o i criteri di legge. La domanda, dunque, resta sospesa e urgente: queste case possono davvero essere condonate o si sta costruendo una verità parallela in cui l’eccezione diventa norma? E se nessuno – né Comune né Regione né Governo – si assume la responsabilità di dire un sì o un no definitivo, chi pagherà il prezzo dell’incertezza urbanistica? Forse i cittadini, che vivono tra paura e precarietà. Forse il territorio, soggetto a un’espansione incontrollata. Sicuramente, la credibilità delle istituzioni, sempre più in bilico tra legalità e adattamento.

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