Le civiltà non muoiono. Cambiano forma, si adattano, a volte fermentano in silenzio per secoli, e poi, d’un tratto, ritornano. Non in armi, ma in bottiglia. È così che gli Etruschi sono sbarcati di nuovo a Roma. Non da conquistatori, ma da vincitori. E in Campidoglio, dove una volta si decidevano le sorti dell’Impero, ora si stappano bottiglie e si assegnano medaglie: a chi ha saputo mettere il sole, la terra e la memoria in un calice. È accaduto tutto nella Sala della Protomoteca, dove si è celebrato il “Concorso Enologico Internazionale Città del Vino”, una kermesse arrivata alla sua 23ª edizione e che, tra i suoi 1.500 produttori provenienti da tutta Italia e da 11 paesi stranieri, ha incoronato i vini di Cerveteri. Città antica, terra etrusca. Oggi patria di vignaioli che, zitti zitti, lavorano la vigna come una volta si lavorava il bronzo: con fatica, maestria e orgoglio. I protagonisti? Due cantine che più locali non si può. La Belardi, con i suoi giovani ma già navigati artefici del nettare, e la cantina dei Tre Cancelli di Liborio De Rinaldis, nome che sembra uscito da un’opera di Verdi, ma che invece firma bottiglie capaci di stregare giurie e palati. La famiglia Belardi è tornata a casa con un carico degno di una campagna trionfale: due ori (il “Moscato Rapito” e il “Vermentino Radiante”) e due argenti, nelle categorie dei vini vulcanici. Un risultato che non ha bisogno di enfasi, ma che parla da solo: quando la vigna è figlia del tufo, il vino ha il carattere della pietra. Non meno glorioso il risultato dei Tre Cancelli, che con il Vermentino “Alsyum” hanno portato a casa una medaglia d’oro tra i vini vulcanici. Nome misterioso, “Alsyum”, che sa di magia antica, ma gusto moderno. E tra una degustazione e un applauso, il Campidoglio ha riscoperto che la civiltà etrusca non è mai scomparsa: si è solo trasformata in cantina. A fare da madrina dell’impresa, la sindaca Elena Gubetti, salita con fierezza accanto ai produttori, a testimoniare che il vino non è solo un affare di enologi, ma un fatto di identità, cultura e territorio. «Ricevere questi premi – ha detto – è una conferma che stiamo andando nella giusta direzione». Parole da amministratrice, certo. Ma anche da cittadina che sa quanto una vigna valga quanto una scuola o una strada: perché educa al tempo, alla pazienza, alla bellezza. Presente anche il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha fatto gli onori di casa. Ma i veri padroni della giornata erano loro: i contadini con il cappello in mano e il sole sulla pelle, che hanno saputo trasformare l’Etruria in eccellenza. Senza slogan. Senza spot. Si brindava, sì. Ma in quel brindisi c’era qualcosa in più. Un messaggio antico come la storia: che la gloria, quella vera, nasce dalla terra. E che l’Italia, quando si ricorda di essere se stessa, sa ancora stupire. Anche solo con un bicchiere di Vermentino.