giovedì, Agosto 7, 2025

Vicenda Almasri, la giustizia libica si muove: avviato un procedimento penale verso il funzionario

L’Ufficio del Procuratore generale libico ha annunciato “l’avvio di un’azione penale contro l’ufficiale di polizia Osama Al-Masri, in conformità alle norme sulla giurisdizione nazionale”, dopo la rimozione delle restrizioni procedurali da parte del Ministero della Giustizia. Al-Masri, a capo della polizia giudiziaria che supervisiona i centri di detenzione di Tripoli, è accusato di crimini di guerra per casi di “trattamento crudele, tortura, stupro, violenza sessuale e omicidio” commessi nel carcere di Mitiga. In un comunicato, la Procura generale ha precisato che “le indagini sono iniziate con un’analisi dei reati indicati nel mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) nei confronti di Al-Masri, confrontandoli con i fatti già esaminati dalla giustizia nazionale”. Il comunicato ha specificato che “l’imputato si è presentato al primo interrogatorio il 28 aprile 2025, durante il quale è stato informato delle accuse a suo carico e le sue dichiarazioni sono state registrate”. Sempre la Procura libica ha annunciato oggi di aver emesso un ordine formale di comparizione nei confronti dell’ex alto funzionario del dispositivo di sicurezza penitenziaria e che presenterà una richiesta di assistenza giudiziaria all’Ufficio del procuratore della Corte Penale Internazionale (Cpi), per ottenere prove a sostegno delle accuse contro lo stesso Al Masri. La Procura ha inoltre reso noto che “la prossima sessione di interrogatorio è stata rinviata in attesa del completamento” della richiesta formale di assistenza giudiziaria di cui sopra. Tale richiesta, riferisce il comunicato, “mira a ottenere le prove e gli elementi raccolti dall’accusa internazionale relativi ai fatti oggetto del procedimento e alle evidenze a supporto delle accuse”. Sarebbe conclusa l’indagine del Tribunale dei ministri sulla mancata consegna del generale libico Najeem Osama Almasri alla Corte penale internazionale da parte del governo italiano. Una conclusione che porterà alle decisioni: archiviazione o richiesta di rinvio a giudizio per uno o più membri del governo finiti sotto inchiesta, dalla premier Giorgia Meloni, al sottosegretario a Palazzo Chigi Alfredo Mantovano, al ministro della Giustizia Carlo Nordio e quello dell’Interno Matteo Piantedosi, per favoreggiamento, peculato, e il solo Guardasigilli omissione d’atti d’ufficio. Nelle carte, si legge sul Corriere, c’è il riscontro che “fin dal primo pomeriggio di domenica la capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, sapeva ciò che stava avvenendo”, e diede le indicazioni ai magistrati del Dipartimento degli affari di Giustizia di parlarsi con cautela. Nel primo pomeriggio di quel giorno, ricostruisce il quotidiano, quando Almasri era stato fermato da poche ore dalla Digos di Torino, l’allora capo del Dag, Luigi Birritteri (poi dimessosi e rientrato in ruolo), scrisse a Bartolozzi una mail per indicare la mancanza dell’autorizzazione all’arresto del ricercato, attivandosi per trovare il modo di convalidare il fermo e procedere alla consegna di Almarsi. Bartolozzi rispose di essere già informata. Raccomandando prudenza: “Massimo riserbo e cautela” nel passaggio delle informazioni, e utilizzo di Signal. Della stessa mail parla anche La Repubblica nella quale viene sottolineato che “Il dato è cruciale perché dimostra come l’Italia abbia avuto tutto il tempo di riparare all’errore procedurale segnalato dalla Corte di appello di Roma, sulla mancata trasmissione del ministero della Giustizia. E di non averlo voluto fare per una precisa scelta politica. Di più: smentisce il ministro Nordio che aveva detto che soltanto il lunedì 20 gennaio l’ufficio era stato avvisato dell’arresto del criminale libico”.

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