Un’ordinaria sera di maggio si è trasformata in un incubo per una coppia residente in via di Val Melaina, a Roma. I due sono stati sequestrati, aggrediti e rapinati all’interno della loro abitazione da una banda criminale diretta da un presunto boss detenuto in carcere. Dopo settimane di indagini, la polizia ha eseguito sei arresti, al termine di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) della Procura di Roma. La coppia era appena rientrata a casa quando è stata aggredita da quattro uomini armati, che li hanno immobilizzati con violenza. L’obiettivo della banda era ottenere le chiavi di un altro appartamento, affidato temporaneamente alla coppia da amici assenti da Roma. Il marito è stato colpito alla testa con il calcio di una pistola, mentre la donna è stata bloccata e privata del cellulare per impedirle di chiedere aiuto. Nel corso del sequestro, uno degli aggressori ha avviato una videochiamata con un uomo dalla voce campana, che si è presentato come un detenuto in carcere. Sarebbe stato lui, secondo la ricostruzione degli investigatori, a impartire ordini in tempo reale alla banda, chiedendo la consegna delle chiavi e del denaro. L’uomo ha anche minacciato ritorsioni sulla figlia della coppia, rivelando inquietanti dettagli sulla sua vita privata, a conferma dell’apparente rete di controllo di cui disponeva anche dalla prigione. Il livello di intimidazione è salito ulteriormente quando, per telefono, è stato ordinato di “tagliare un orecchio” al marito e picchiare la moglie, se non avessero collaborato. A quel punto, sotto shock, la donna ha consegnato 3.000 euro in contanti e le chiavi richieste. La banda ha poi saccheggiato gli altri averi presenti in casa. L’intervento dei Falchi della polizia di Stato ha permesso di bloccare tre degli aggressori mentre fuggivano dallo stabile. Nei mesi successivi, la VI sezione della squadra mobile ha ricostruito l’intera catena di comando, portando agli odierni arresti. I sei indagati sono accusati di sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina aggravata e porto abusivo di armi. L’episodio evidenzia una preoccupante capacità operativa di alcune bande criminali anche dall’interno degli istituti di pena, e rilancia l’attenzione su forme di controllo e minaccia che si estendono oltre le mura carcerarie.






