Più di un secolo di carcere per 24 rivoltosi, quelli che – ha stabilito la sentenza del Tribunale di Roma – a marzo del 2020 misero a ferro e fuoco il penitenziario di Rebibbia. La protesta era contro le misure restrittive per contenere il Covid, che vietavano le visite dei familiari. Interi reparti devastati, la biblioteca incendiata, l’infermeria saccheggiata. Durante gli scontri fu ferito anche un ispettore: per lui una prognosi di 40 giorni. Decisive le telecamere dell’istituto, che portarono all’identificazione dei partecipanti alla sommossa. L’inchiesta è dei PM Francesco Cascini ed Eugenio Albamonte. Sono stati 47 i soggetti finiti a processo, con 23 assoluzioni. Otto anni ai capirivolta – hanno sentenziato i giudici – e tra i condannati anche il boss di Casalotti, Leandro Bennato: per lui la pena è di 5 anni e 6 mesi. La sommossa era partita dal settore G11, dove Bennato era detenuto dopo l’arresto nella maxi-operazione sul narcotraffico “Grande raccordo criminale”. “Il Biondo”, soprannome di Bennato, avrebbe inneggiato alla libertà – recita il capo di imputazione – e minacciato di morte gli agenti della penitenziaria.