Lettera aperta alla Presidente del Consiglio dei ministri, On. Giorgia Meloni Signora Presidente del Consiglio, ci sono momenti nella storia in cui non sono più possibili ambiguità né collocazioni intermedie. Questo momento è giunto per Gaza. Ormai da molti mesi non ci sono più giustificazioni possibili o argomentazioni convincenti sulla condotta delle operazioni militari israeliane a Gaza. Gli esecrabili attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 non hanno più alcuna relazione, né quantitativa né qualitativa, con l’orrore perpetrato nella Striscia da Israele nei confronti della stragrande maggioranza di civili inermi, che non ha nulla a che vedere con il diritto di Israele all’autodifesa e che non è affatto improprio qualificare in termini di pulizia etnica, mentre la Corte Internazionale di Giustizia esamina gli estremi del genocidio.
Le flagranti violazioni dei diritti umani e della dignità delle persone, che non risparmiano bambini, donne, anziani, ammalati, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra, la costante inosservanza della legalità internazionale e del diritto umanitario – di cui il governo israeliano, come avviene per tutti i governi, dovrà rispondere – minano le stesse fondamenta della comunità internazionale e cancellano conquiste etiche maturate in decenni di consuetudini internazionali. Le inaccettabili restrizioni per l’accesso umanitario a Gaza, la riduzione a livelli minimi inaccettabili, senza reali alternative, delle attività delle organizzazioni internazionali a favore di una sedicente fondazione umanitaria, stanno provocando migliaia di nuove vittime innocenti, che si aggiungono alle decine di migliaia già provocate dai massicci e indiscriminati bombardamenti israeliani in tutta la Striscia. In questi mesi abbiamo assistito a incessanti spostamenti forzati di popolazione da una parte all’altra della Striscia senza che ci fossero delle reali zone di protezione internazionale. Tutto ciò è avvenuto mentre tutte le infrastrutture di Gaza, necessarie anche solo alla sopravvivenza della popolazione, sono state sistematicamente distrutte, a cominciare dagli ospedali, per continuare con le scuole, le università, gli stessi campi profughi. Dinanzi a tutto ciò, non servono più le dichiarazioni, pur necessarie, come quella firmata da 30 Ministri degli Esteri (ed una Commissaria UE) lo scorso 21 luglio, a cui l’Italia meritoriamente si è unita. Servono gesti politico-diplomatici concreti ed efficaci. Dinanzi al ripetersi di eccidi e massacri di civili, chiediamo al Governo di adottare comportamenti conseguenti, in particolare i seguenti: 1. sospendere ogni rapporto e cooperazione, di qualunque natura, nel settore militare e della difesa con Israele; 2. sostenere in sede UE ogni iniziativa che preveda sanzioni individuali (restrizioni agli spostamenti internazionali e congelamento delle attività economico-finanziare e dei patrimoni) nei confronti dei Ministri israeliani – come Smotrich e Ben G’vir – che incoraggiano e appoggiano il moltiplicarsi degli insediamenti illegali e le violenze dei coloni in Cisgiordania; 3. unirsi al consenso europeo per la sospensione temporanea dell’Accordo di associazione tra Israele e l’Unione Europea. L’iniziativa da assumere con urgenza, di altissimo significato politico e tutt’altro che meramente simbolica, è l’immediato riconoscimento nazionale dello Stato di Palestina, in vista della Conferenza internazionale sull’attuazione della soluzione e due Stati. Chiediamo al governo di ripensarci. Questa decisione confermerebbe che da parte italiana la prospettiva di «due popoli, due Stati» non è solo uno slogan privo di senso compiuto e di qualunque credibilità, ma che si tratta di un percorso negoziale da riprendere immediatamente. Le relazioni con Israele devono essere strettamente condizionate a questa prospettiva. L’eventuale annessione in tutto o in parte dei Territori palestinesi, ad esempio, dovrebbe comportare la radicale revisione delle relazioni diplomatiche con Israele. Signora Presidente del Consiglio, i lunghi anni spesi nel servizio diplomatico, tenendo fede alla causa della pace e del dialogo, nello spirito dell’articolo 11 della Costituzione repubblicana, ci hanno spinto a rivolgerle questo appello, non potendo rimanere in silenzio ed inerti dinanzi alla sistematica negazione in atto da parte del governo israeliano di tutto quello in cui abbiamo creduto e per cui abbiamo svolto la professione diplomatica.L’Onu “accoglie con favore” la decisione di Israele di sostenere un potenziamento degli aiuti per una settimana, incluso l’allentamento delle barriere doganali su cibo, medicinali e carburante provenienti dall’Egitto. Lo sostiene Tom Fletcher, sottosegretario generale per gli Affari umanitari.” Alcune restrizioni – aggiunge – sembrano essere state allentate oggi, con prime segnalazioni che indicano l’impiego di cento camion di aiuti”. “Si tratta di un passo avanti – sottolinea – ma sono necessari ingenti quantitativi di aiuti per scongiurare la carestia e una catastrofica crisi sanitaria. Serve un’azione costante e urgente”.”La situazione è veramente complicata a Gaza ma non soltanto lì. C’è tanta devastazione soprattutto nelle relazione umane. La guerra distrugge tutto”: a dirlo il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme ai giovani pellegrini di tre continenti riuniti ad Assisi di passaggio dall’Umbria per partecipare al loro giubileo con Papa Leone XIV a Roma. “Ci sono ancora persone giovani che in questo mare di devastazione umana sono ancora capaci di dare la vita per l’altro” ha aggiunto. “Sono convinto – ha affermato il cardinale Pizzaballa in un audio diffuso dall’ufficio stampa della Ceu – che la vostra generazione è quella che avrà la responsabilità di portare nel mondo un nuovo linguaggio e una nuova narrativa. La pace non arriva subito ma deve essere costruita, mattone dopo mattone ed è conseguenza di un linguaggio basato sull’uguaglianza, sul rispetto, sulla dignità delle persone senza alcuna differenza l’uno dall’altro. La nostra generazione non è stata capace e ne vediamo le conseguenze in Terra santa. Voi avrete questa responsabilità e sono certo che Gesù questo sarà possibile”. Il leader in esilio di Hamas per la Striscia di Gaza, Khalil al-Hayya, ha dichiarato domenica che “non ha senso” continuare a negoziare un cessate il fuoco con Israele nell’enclave mentre la popolazione di Gaza muore di fame a causa dell’offensiva israeliana. “I negoziati non hanno senso mentre la nostra gente a Gaza, compresi bambini e donne, muore di fame, viene sterminata e schiacciata sotto assedio”, ha dichiarato il funzionario in un videomessaggio condiviso sui canali social del gruppo. Al-Hayya ha anche accusato Israele di usare i negoziati come “pretesto” per continuare a far morire di fame la popolazione e cercare di ottenere “concessioni” che non può ottenere combattendo. Le dichiarazioni dell’esponente di Hamas seguono la dichiarazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu secondo cui “non ci saranno più scuse” per Israele di non continuare la sua offensiva contro la Striscia di Gaza, dopo che l’esercito ha annunciato “percorsi sicuri” per i convogli di aiuti umanitari delle Nazioni Unite nella Striscia. Netanyahu ha inoltre assicurato che Israele sta facendo progressi sia nei combattimenti che nei negoziati per la liberazione degli ostaggi e che, indipendentemente dalla “via scelta”, il Paese consentirà un ingresso “minimo” di rifornimenti umanitari. I decessi per fame sono aumentati vertiginosamente nelle ultime settimane a Gaza, a seguito della chiusura quasi totale delle strade di accesso imposta da Israele a marzo e riaperta solo parzialmente a fine maggio. In totale, 133 persone sono morte per malnutrizione nella Striscia dall’inizio della guerra, tra cui 87 bambini, secondo i dati aggiornati oggi dal ministero della Salute di Gaza controllato da Hamas.
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