mercoledì, Novembre 19, 2025

Strage dell’Italicus, 51 anni dopo nessuna condanna

È l’1.23 della notte tra sabato e domenica, 4 agosto 1974. Il treno espresso 1486 Italicus, partito da Roma e diretto a Monaco di Baviera, fende l’oscurità dell’Appennino bolognese. A bordo, sonno e quiete. I passeggeri dormono o cercano refrigerio in una notte estiva torrida. Ma all’altezza della galleria di San Benedetto Val di Sambro, il tempo si ferma. Un’esplosione squarcia la carrozza numero 5. Una bomba ad alto potenziale, nascosta in un vano portabagagli, deflagra con violenza inaudita. È un inferno di lamiere contorte, fiamme, urla e fumo. Dodici vite spezzate. Quarantotto i feriti. È l’ennesima ferita inferta al cuore dell’Italia democratica. Tra le vittime, il nome di Silver Sirotti, ferroviere 24enne di Forlì, brilla ancora oggi come un simbolo di coraggio e abnegazione. Non avrebbe dovuto essere in servizio quella notte. Aveva accettato un cambio all’ultimo momento. Quando la bomba esplode, Silver è tra i primi a intervenire. Si precipita nella carrozza devastata per aiutare i passeggeri intrappolati tra le fiamme. Non indietreggia di fronte al fuoco, non cede al panico. Tenta di salvare vite, ma viene sopraffatto dal fumo e dalle fiamme. Morirà lì, nel suo gesto estremo di altruismo. Per il suo sacrificio, riceverà la medaglia d’oro al valore civile alla memoria. Il boato dell’ordigno, piazzato con precisione terroristica, si è sentito fino ai paesi vicini. Nella galleria, le scintille incendiano la carrozza. Il convoglio, privo di sistema antincendio, si ferma in mezzo al tunnel. Solo grazie alla prontezza del macchinista e dei soccorritori, che affrontano il rogo a mani nude, si evita un bilancio ancora più tragico. La strage dell’Italicus non fu un caso isolato. Si inserisce in quella lunga e oscura stagione di sangue che ha insanguinato l’Italia negli anni Settanta, nota come “strategia della tensione”. Una catena di attentati, spesso di matrice neofascista, che mirava a destabilizzare il Paese e seminare il terrore. Bologna, Milano, Brescia, Roma: nomi scolpiti nella memoria collettiva. I procedimenti giudiziari sulla strage del treno Italicus si sono trascinati per anni tra depistaggi, assoluzioni, archiviazioni. Nessuna condanna definitiva. Ma le sentenze della Corte di Cassazione e le conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 parlano chiaro: la pista dell’estrema destra è concreta. La strage è parte di un disegno eversivo più ampio, che ha visto la convergenza di interessi occulti, servizi deviati e manovre sovversive. Eppure, nonostante l’orrore, la strage dell’Italicus è rimasta a lungo ai margini della memoria pubblica. Offuscata da altre tragedie, come quella della stazione di Bologna, di cui condivise lo stesso scenario infernale: un treno, una bomba, vittime innocenti. Oggi, a più di cinquant’anni di distanza, il ricordo di quella notte non deve affievolirsi. Perché la memoria è l’unico antidoto all’indifferenza. Perché i nomi delle vittime, come quello di Silver Sirotti, devono continuare a vivere nelle pagine della nostra storia. E perché la verità, seppur ferita, merita ancora giustizia.

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