“Esigo rispetto, non è un modo civile di negoziare tra due capi di Stato. Abbiamo ricevuto l’annuncio delle tariffe in un modo totalmente autoritario e non è così che siamo abituati a negoziare” Così il presidente del Brasile, Luis Inacio Lula da Silva ha definito oggi , in un’intervista rilasciata alla Reuters, il modo in cui il presidente statunitensa Donald Trump ha annunciato l’incremento delle tariffe al 50% sulle esportazioni brasiliane. Il Brasile ha deciso di ricorrere presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC-WTO) sull’aumento dei dazi al 50% imposto dagli Stati Uniti a partire da oggi. Brasilia ha presentato una richiesta di consultazione alla missione USA presso l’organizzazione internazionale, secondo quanto riporta la tv Globo. Si tratta di un primo passo. In caso di mancato accordo con gli USA il governo brasiliano chiederà l’istituzione di un comitato arbitrale per valutare il caso. Secondo fonti governative , la decisione di attivare il meccanismo di risoluzione delle controversie del WTO è considerata una iniziativa dal forte valore politico e simbolico più che pratico visto i tempi lunghi d ella procedura. Ma l’obiettivo del Brasile è un altro: rafforzare la propria posizione geopolitica sul piano internazionale , segnalando una difesa attiva dei suoi interessi commerciali. Il segretario di Stato Marco Rubio ha incontrato oggi la presidente svizzera Karin Keller-Sutter e il vicepresidente e ministro dell’Economia Guy Parmelin “per discutere dell’importanza di relazioni commerciali eque ed equilibrate a vantaggio del popolo americano”. Lo riferisce il dipartimento di Stato. Nell’incontro è inoltre stato ribadito l’impegno a “rafforzare la cooperazione bilaterale in materia di difesa”. Sui dazi “la competenza è della Commissione europea, che adesso sta trattando su eventuali prodotti che potrebbero rientrare nelle esenzioni rispetto alle tariffe. Anche in questa trattativa l’Italia farà del suo meglio per tutelare i suoi interessi nazionali, anche considerando che molti dei prodotti che sono simbolo dell’export italiano in realtà sono impossibili da sostituire con produzioni interne americane, banalmente perché sono prodotti unici e ovviamente anche questo lo stiamo facendo notare”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni intervistata al Tg5. “Quello che stiamo facendo noi e che dobbiamo fare soprattutto” ha proseguito la premier, ” è continuare ad aiutare le nostre imprese e i nostri produttori. Lo abbiamo fatto negli ultimi giorni, ad esempio mettendo un altro miliardo di euro sulle filiere agroalimentari e approvando un importante pacchetto di semplificazioni che era quello che le nostre aziende chiedevano. Continuiamo a stare al fianco dei nostri produttori”, ha concluso. Il dazio del 15% sui vini e i liquori Ue potrebbe comportare la perdita di oltre 25.000 posti di lavoro americani e quasi 2 miliardi di dollari di mancate vendite. A lanciare l’allarme in una lettera inviata al presidente Usa, Donald Trump, 57 gruppi industriali di alcoli e settori correlati, tra cui grossi produttori europei come Diageo e Pernod Ricard, produttori di whisky e vino statunitensi, nonché fornitori di vetro, rivenditori e ristoranti, sotto l’ombrello della ‘Toasts Not Tariffs Coalition’. “Ribadiamo – scrivono – la nostra richiesta urgente che gli Stati Uniti e l’Unione Europea raggiungano un accordo per garantire un commercio equo e reciproco di alcolici e vini. Con l’avvicinarsi del periodo critico delle festività natalizie, un periodo essenziale per il successo dei nostri settori, vi imploriamo di garantire questo importante accordo per gli Stati Uniti il prima possibile. Ciò rappresenterebbe una vittoria chiara e significativa per i lavoratori, le imprese e i consumatori americani”. “Abbiamo bisogno di brindisi, non di dazi, mentre ci dirigiamo verso la stagione più importante per il nostro settore”, quella delle festività, “nell’ambito della sua politica commerciale ‘America First’, chiediamo la sua leadership per garantire il prima possibile un commercio equo e reciproco senza dazi per i liquori e i vini statunitensi e dell’UE”, si legge nella lettera. “I membri della nostra coalizione – si legge ancora – producono, distribuiscono e vendono vino e liquori in ogni stato degli Stati Uniti e sostengono oltre 3,5 milioni di posti di lavoro, generando 476 miliardi di dollari di attività economica annuale. Tra questi, agricoltori che coltivano prodotti come uva, mais, grano, orzo, luppolo, segale e riso su oltre 1 milione di acri di terreni agricoli, lungo tutta la filiera produttiva, fino a camerieri, baristi, camionisti e commessi. Questi posti di lavoro includono anche settori come il trasporto e la distribuzione, l’imbottigliamento e il confezionamento, il marketing e la finanza, la ristorazione, il personale dei bar, le taverne, i piccoli negozi di prodotti confezionati e i grandi e piccoli punti vendita di alimentari”. La coalizione rileva poi come vino e liquori siano prodotti unici, spesso legati a specifiche regioni geografiche in tutto il mondo. “I nostri settori rappresentano un modello di commercio reciprocamente vantaggioso e il sostentamento di coloro che vi lavorano dipende in larga misura dal commercio internazionale. La maggior parte delle esportazioni di vino degli Stati Uniti – viene sottolineato – è destinata a paesi con dazi all’importazione bassi o nulli. Quasi l’86% delle esportazioni di alcolici statunitensi è destinato a paesi che hanno eliminato i dazi su tutti gli alcolici statunitensi e circa il 98% delle importazioni di alcolici proviene da paesi che hanno eliminato i dazi sugli alcolici statunitensi. Garantire un accesso prevedibile ai mercati globali crea posti di lavoro, sostenendo le comunità rurali e urbane”.
Il Brasile si ribella a Trump e ricorre al WTO. La Ue sospende i controdazi
