Sul litorale romano l’aria è quella delle grandi battaglie civiche. Volantini, bacheche e social sono tappezzati dallo slogan che unisce residenti e comitati: «Riaprite il Punto di Primo Intervento». La protesta è esplosa dopo la decisione della Regione Lazio di declassare il Pit di via Aurelia, tra Cerveteri e Ladispoli, a semplice presidio ambulatoriale, togliendo di fatto la possibilità di intervenire in situazioni di emergenza. Un provvedimento che ha scatenato indignazione e che la consigliera regionale Michela Califano ha già definito «gravissimo». I dati sono eloquenti: in pochi mesi le ambulanze del 118 di Ladispoli hanno gestito oltre 900 chiamate, un volume che dimostra l’assoluta necessità di un presidio sanitario capace di operare immediatamente. La risposta dei cittadini è stata fulminea: a Cerenova, Campo di Mare, Cerveteri, Valcanneto e Ladispoli è partita una raccolta firme record, con oltre 400 adesioni nelle prime ore. «Questa scelta è una vera e propria iattura – denuncia Enzo Musalvo, presidente del comitato di zona di Cerenova e Campo di Mare – perché con questo taglio si mette a rischio la vita delle persone, violando anche la norma che prevede il primo intervento entro 5 minuti dall’emergenza». La conformazione del territorio aggrava il problema: il bacino di utenza supera i 100mila residenti, che nei fine settimana e nei mesi estivi raddoppiano per l’arrivo dei turisti e dei proprietari di seconde case. «Non si può privare un’area così vasta e popolosa di un Pit – prosegue Musalvo –. I cittadini pagano le tasse e hanno diritto a servizi adeguati. Questa non è solo la nostra battaglia: altri comitati e associazioni del comprensorio si stanno mobilitando. Siamo sul piede di guerra». La raccolta firme si chiuderà il 6 settembre e sarà inviata al presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. Ma il messaggio dei promotori è chiaro: «Se non riceveremo risposte, continueremo la mobilitazione in ogni modo, fino a bloccare l’Aurelia se necessario». Per i comitati, ridurre il Pit a guardia medica significa esporre il territorio alla precarietà sanitaria. In caso di emergenza, ogni minuto conta, e l’assenza di un intervento immediato può trasformare un episodio critico in tragedia. «A rischiare di più – avverte Musalvo – sono anziani, malati cronici, ma anche turisti e famiglie. Altrove in Italia i presidi sanitari vengono potenziati in estate. Qui, invece, si taglia». I cittadini chiedono ora ai sindaci di Cerveteri e Ladispoli di farsi portavoce con il governatore Rocca e con il Consiglio regionale, per difendere un servizio che, sostengono, è questione di vita o di morte.