Il Castello Sforza Cesarini di Ardea, che svetta sull’antica Acropoli, non è soltanto un monumento ma un testimone silenzioso di oltre sei secoli di storia. Un luogo che ha visto intrecciarsi vicende politiche, battaglie, intrighi familiari e persino leggende popolari, fino ad arrivare ai giorni nostri in condizioni di grave fragilità. La prima traccia documentata risale al 1378, quando l’antipapa Clemente VII concesse in enfiteusi il Castrum Ardiae a Giordano Orsini. Dopo varie successioni ereditarie, nel 1420 il castello passò ai Colonna, con Giordano Colonna che l’anno successivo ne divenne “signore libero di Ardea”, assumendo il controllo politico e militare del territorio. Proprio in quel periodo, nel 1436, il maniero fu teatro di un drammatico episodio: Ludovico Colonna, reduce dalla vittoria all’Aquila contro Braccio da Montone, venne assassinato all’interno delle mura dal cognato Giovanni Andrea Colonna da Riofreddo. Secondo la tradizione popolare, il suo fantasma avrebbe continuato a vagare tra le stanze del castello. Dopo alterne vicende, nel 1564 il complesso venne ceduto da Marcantonio Colonna a Giuliano Cesarini per 105.000 scudi. Da allora, e fino al XVIII secolo, rimase legato alla potente famiglia Cesarini, che nel 1749 si fuse con gli Sforza, dando origine al casato Sforza-Cesarini. La tenuta intorno al castello si estendeva per quasi 1.800 ettari, un vero feudo agricolo che assicurava ricchezza e prestigio alla casata. L’edificio, che sorge sul sito della più antica Torre d’Ardia, era circondato da un giardino fortificato e rappresentava la roccaforte della piccola cittadella medievale. Le cronache del XVII secolo attestano importanti lavori di ristrutturazione voluti dai Cesarini, che lo resero simile ad altri palazzi baronali della Campagna Romana, come quelli di Marino o Genzano. Il castello mantenne intatto il suo aspetto fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando i bombardamenti provocarono il crollo del piano superiore e seri danni strutturali. Quel che restava fu in parte abbattuto per ragioni di sicurezza, mentre negli anni successivi atti di vandalismo e furti di materiali hanno contribuito a un ulteriore impoverimento del complesso. Oggi del Castello Sforza Cesarini restano visibili le poderose mura in peperino, lo stemma marmoreo della famiglia, il baluardo cinquecentesco e le vestigia di un passato che meriterebbe maggiore attenzione. Una mappa catastale del 1939, commissionata da Donna Maria Torlonia vedova Sforza Cesarini, e antiche incisioni di viaggiatori, permettono ancora di ricostruire la disposizione originaria degli ambienti interni e del giardino. La sua storia, fatta di papi, principi, battaglie e tradizioni popolari, lo rende un simbolo identitario per la comunità di Ardea, oggi purtroppo segnato dall’incuria e dal tempo. Salvare il Castello non significherebbe soltanto preservare un monumento, ma restituire alla città un tassello fondamentale della sua memoria collettiva.






