Non si placano le polemiche politiche dopo la chiusura del più famoso centro sociale di Milano. Traspare anche l’irritazione del sindaco Beppe Sala che afferma: “Ieri ero a Palazzo Marino impegnato in incontri di lavoro. In quella sede non è stato fatto cenno ad alcuno sfratto esecutivo del centro sociale Leoncavallo”, ha chiarito il sindaco di Milano Giuseppe Sala in una nota, in merito al blitz delle forze dell’ordine di stamattina al centro sociale. “Per un’operazione di tale delicatezza, al di là del Comitato, c’erano molte modalità per avvertire l’Amministrazione milanese”. Il Leoncavallo “deve continuare a emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità”. È la convinzione del sindaco che conferma “la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”. “L’intervento sul Leoncavallo era sì previsto, ma per il 9 settembre – ricorda il primo cittadino -. In considerazione di questa timeline ufficiale, come Comune avevamo continuato, con i responsabili del Leoncavallo, un confronto che portasse alla piena legalità tutta l’iniziativa del centro. Si stavano valutando varie soluzioni a norma di legge, che potessero andare nel senso auspicato. Sono convinto, e l’ho già dichiarato in precedenza, che il Leoncavallo rivesta un valore storico e sociale nella nostra città. È la mia opinione, so che le mie parole non troveranno d’accordo tutti. A mio parere, questo centro sociale deve continuare ad emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità. Da anni e anni è un luogo pacifico di impegno. Confermo la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”. Tali modalità non sono state perseguite”. Il primo cittadino ha spiegato di aver ricevuto solo questa mattina dal prefetto la notizia dell’intervento, precisando che “l’operazione sul Leoncavallo era sì prevista, ma per il 9 settembre”. In vista di quella data, ha aggiunto, il Comune aveva avviato con i responsabili del centro “un confronto che portasse alla piena legalità tutta l’iniziativa”.Sala ha ricordato che si stavano valutando diverse soluzioni conformi alla legge, confermando la linea del dialogo: “Sono convinto, e l’ho già dichiarato, che il Leoncavallo rivesta un valore storico e sociale nella nostra città. È la mia opinione, so che non tutti la condividono. A mio parere questo centro sociale deve continuare a produrre cultura, chiaramente in un contesto di legalità”.Sala ha ribadito che il Leoncavallo, “da anni è un luogo pacifico di impegno”, e ha confermato “la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”.imt-com. La polizia ha eseguito l’ordine di sfratto emesso nei confronti dello storico centro sociale Leoncavallo a Milano. Gli accessi a via Watteau sono presidiati dalle forze dell’ordine. Lo sfratto era stato nuovamente notificato per il 9 settembre. Si è però deciso di anticipare ad oggi, quando le operazioni sono iniziate intorno alle 7.30. Lo storico centro sociale fu fondato a Milano nel 1975 in via Leoncavallo. Da lì venne sgomberato nel 1994, anche in quel caso nel mese di agosto. Poco dopo si trasferì nell’attuale sede di via Watteau. “Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell’occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!”. Lo scrive sui suoi social il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini. Lo sfratto del centro sociale di via Watteau era stato rinviato un centinaio di volte e lo scorso novembre il ministero dell’Interno era stato condannato a risarcire 3 milioni di euro ai Cabassi, proprietari dell’area, proprio per il mancato sgombero. Chiedendo a sua volta un risarcimento dei tre milioni a Marina Boer, la presidente dell’associazione Mamme del Leoncavallo. Nei mesi scorsi proprio questa associazione ha presentato una manifestazione d’interesse al Comune per un immobile in via San Dionigi che poteva rappresentare un primo passo per lo spostamento del centro sociale.
Non si placano le polemiche dopo la chiusura del Leoncavallo. L’irritazione del sindaco Sala
