L’esercito israeliano ha bombardato la capitale yemenita Sanaa. Lo affermano funzionari israeliani e yemeniti, mentre le tensioni nella regione continuano ad aumentare a causa della guerra di Israele contro Gaza. L’emittente televisiva Al Masirah, affiliata agli Houthi, ha dichiarato che l’attacco di domenica ha preso di mira un impianto petrolifero e una centrale elettrica a Sana’a. Israele ha affermato di aver preso di mira anche un palazzo presidenziale nella capitale yemenita, che, a suo dire, si trova in un “complesso militare”. Secondo Al Masirah, negli attacchi sono morte almeno sei persone e altre 86 sono rimaste ferite. Gli attacchi israeliani sono avvenuti due giorni dopo che gli Houthi avevano rivendicato il lancio di un missile contro Israele, nell’ambito di una campagna che, secondo il gruppo yemenita, mira a fare pressione su Israele affinché ponga fine alle atrocità e all’assedio di Gaza. “Gli attacchi sono stati effettuati in risposta ai ripetuti attacchi del regime terroristico Houthi contro lo Stato di Israele e i suoi cittadini, tra cui il lancio di missili terra-terra e di veicoli aerei senza pilota verso il territorio del Paese”, ha affermato l’esercito israeliano. Secondo quanto affermano testimoni all’Associated Press le forze israeliane hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco quattro palestinesi in cerca di aiuti che attraversavano una zona militare a sud di Gaza City, regolarmente utilizzata per raggiungere un punto di distribuzione alimentare. Gaza City è ora ufficialmente in carestia dopo 22 mesi di guerra, mentre l’esercito israeliano procede con un’offensiva pianificata per conquistare la città. L’offensiva potrebbe iniziare entro pochi giorni. Il Ministero della Salute di Gaza ha segnalato domenica otto decessi legati alla malnutrizione, tra cui un bambino. Gaza City e le sue centinaia di migliaia di abitanti sono ora al centro sia della carestia che dell’imminente offensiva. Ma molte persone sono troppo esauste o diffidenti per fuggire. Il capo di Stato Maggiore dell’IDF, Eyal Zamir, avrebbe dichiarato che “c’è un accordo sugli ostaggi sul tavolo, dobbiamo coglierlo”, secondo quanto riportato da Channel 13 durante una visita alla base navale di Haifa, dichiarazioni poi rilanciate da Times of Israel. Zamir avrebbe inoltre sottolineato che “le condizioni per l’accordo sono state create dall’IDF, ora la decisione spetta a Netanyahu”. La direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, Cindy McCain, ha descritto la situazione alimentare nella Striscia di Gaza come “catastrofica”. “C’è una malnutrizione molto grave. Avete visto persone morire di fame lì”, ha dichiarato la funzionaria in un’intervista al canale televisivo giapponese Nhk. Secondo McCain, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite e’ “il piu’ grande, il migliore e l’unico in grado di fornire il tipo di approvvigionamento alimentare su larga scala di cui Gaza ha bisogno”, ma le attività umanitarie sono ostacolate dalle azioni dei militari israeliani. “E’ molto difficile quando ci puntano contro le armi, i carri armati o qualsiasi altra cosa”, ha sottolineato McCain. Le delegazioni di Siria e Israele hanno registrato progressi nei negoziati in corso su un accordo di sicurezza tra i due Paesi. Lo ha dichiarato alla televisione siriana il presidente ad interim siriano, Ahmed al-Sharaa. “Abbiamo fatto progressi verso accordi bilaterali”, ha affermato l’ex esponente di Al Qaida, “l’accordo in corso di discussione sara’ basato su un ritorno alla linea di separazione tra le forze israeliane e siriane sulle Alture del Golan stabilite nel 1974”. L’autoproclamato presidente della Siria ha inoltre sottolineato l’importanza dell’integrazione economica tra le nazioni del Medio Oriente e ha assicurato che “non esitera’ a prendere ogni decisione necessaria per approvare un’intesa che soddisfi gli interessi della Siria e della regione”. Gadi Eisenkot, ex numero due di Unità Nazionale, ha respinto la proposta del leader Benny Gantz di unirsi per un governo di emergenza nazionale con Benjamin Netanyahu che riporti a casa gli ostaggi e metta fine alla guerra a Gaza. Entrambi in passato capi di Stato maggiore, pochi giorni dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 sono entrati nel governo Netanyahu per poi ritirarsi nel giugno 2024 a causa di divergenze di opinione sulla gestione della guerra. Lo stesso Eisenkot ha lasciato il partito di Gantz e la Knesset nel giugno 2025. “Come persona profondamente coinvolta fino a due mesi fa e che ha seguito tutti i negoziati, lo dirò chiaramente: non è necessario alcun cambiamento politico, non è necessaria alcuna nuova partnership”, ha affermato Eisenkot. “Si tratta di un uomo che deve prendere una decisione difficile, ma necessaria”, ha aggiunto, riferendosi a Netanyahu. L’accordo sul tavolo, che prevede una serie di fasi per la tregua e il rilascio degli ostaggi, “non solo è possibile, ma deve essere fatto, e i rapiti devono essere riportati indietro il prima possibile”. Gantz gli ha risposto in un tweet. “Gadi, amico mio, tu conosci la verità: se io e te non fossimo entrati a far parte del governo l’11 ottobre, 116 donne e bambini non sarebbero mai tornati a casa. Sì, ci vuole un uomo solo per prendere la decisione. Ma quando non lo fa, dobbiamo fare tutto il possibile per convincerlo a farlo. Non abbiamo alcuna legittimità per abbandonarli”.
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