Una vicenda lunga quasi quarant’anni si è chiusa con una decisione destinata a fare scuola. Il Tar Lazio ha accolto, in parte, il ricorso presentato da due cittadini contro il Comune di Ardea in materia di condono edilizio, fissando un principio che potrebbe avere ricadute su numerosi casi analoghi. La controversia nasce da una domanda di sanatoria presentata nel 1986, in occasione del secondo condono edilizio previsto dalla normativa nazionale. Per quella pratica, rimasta in sospeso per decenni, l’amministrazione comunale aveva chiesto recentemente il pagamento di oltre 56.000 euro, cifra calcolata sulla base delle tariffe attuali e comprensiva di oblazione, oneri concessori e diritti di segreteria. I cittadini hanno impugnato il provvedimento, sostenendo che il calcolo non potesse essere ancorato alle tabelle vigenti oggi, ma a quelle applicabili all’epoca della domanda. I giudici amministrativi hanno dato loro ragione, almeno in parte: nella sentenza, il TAR ha infatti stabilito che gli oneri devono essere determinati con riferimento ai parametri tariffari del 1986, anno di presentazione dell’istanza di condono, e non a quelli aggiornati. La decisione, oltre a ridurre sensibilmente l’importo dovuto dai ricorrenti, potrebbe aprire la strada ad altri contenziosi simili, soprattutto in un territorio come quello di Ardea, caratterizzato da un alto numero di richieste di sanatoria avanzate negli anni dei condoni edilizi. Si tratta dunque di un pronunciamento che, pur limitato al caso specifico, rappresenta un importante precedente giuridico in materia di condoni edilizi e di rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Ora il Comune dovrà ricalcolare le somme dovute alla luce delle indicazioni del Tribunale amministrativo, mentre resta da capire se l’ente intenderà proporre appello al Consiglio di Stato per difendere la propria posizione. Intanto, la sentenza del TAR getta nuova luce su un tema che, a distanza di decenni, continua a suscitare controversie e ad avere un impatto concreto sulle tasche dei cittadini.