Si apre un nuovo capitolo giudiziario attorno alla controversa vicenda delle presunte apparizioni mariane a Trevignano Romano. La Procura di Civitavecchia ha disposto il rinvio a giudizio per Gisella Cardia e il marito Gianni, accusati di truffa aggravata ai danni dei fedeli che, per anni, hanno contribuito con offerte e donazioni alla loro associazione. Secondo l’impianto accusatorio, la coppia avrebbe indotto numerosi credenti a elargire denaro facendo leva sulle presunte manifestazioni della Madonna, che da tempo richiamano migliaia di pellegrini sul lago di Bracciano. Statue che avrebbero lacrimato sangue, messaggi celesti e inviti alla preghiera: elementi che, stando agli inquirenti, sarebbero stati utilizzati per alimentare la suggestione collettiva e ottenere fondi da destinare – secondo l’accusa – non alle opere di carità ma a interessi privati. L’inchiesta, nata dopo numerose segnalazioni e approfondimenti giornalistici, ha portato a una ricostruzione dettagliata dei flussi economici legati all’associazione fondata dalla Cardia. Gli investigatori contestano che le somme raccolte siano state impiegate in maniera difforme da quanto promesso ai fedeli. Il processo, che si annuncia complesso e molto seguito, riaccende i riflettori su una vicenda che negli ultimi anni ha diviso opinione pubblica e comunità religiosa. Da un lato, i devoti che continuano a credere alla genuinità delle apparizioni e si stringono attorno a Gisella; dall’altro, chi denuncia da tempo possibili strumentalizzazioni della fede. Il primo banco di prova sarà l’udienza preliminare, fissata nelle prossime settimane, durante la quale il giudice deciderà formalmente l’apertura del procedimento. Intanto, a Trevignano, la notizia ha già suscitato reazioni contrastanti: tra chi parla di “giustizia che fa il suo corso” e chi vede nell’inchiesta “un attacco alla devozione popolare”. La vicenda, destinata a proseguire nelle aule di tribunale, rappresenta uno dei casi più discussi degli ultimi anni, al crocevia tra religione, fede e giustizia.