Una banda familiare, capace di spacciare, estorcere, fornire armi e, se necessario, colpire duro. A Civitavecchia la cronaca torna a raccontare di un sodalizio criminale ben organizzato, ma questa volta i riflettori si accendono su un aspetto che inquieta più di altri: al vertice c’era un ventenne. Un ragazzo poco più che maggiorenne, ma già in grado – secondo le ricostruzioni investigative – di tirare i fili come un boss navigato, impartendo ordini precisi anche dal carcere, grazie a un telefono cellulare che era riuscito a procurarsi clandestinamente. L’inchiesta, portata avanti in sinergia da Carabinieri e Polizia, ha documentato un vero e proprio “market della droga” radicato sul territorio. Le modalità operative sono quelle della Generazione Z: spaccio organizzato via Telegram, consegne a domicilio simulate con finti rider di pizza, giri in auto per la città con musica a tutto volume, e un deposito clandestino ricavato in un campo incolto per nascondere cocaina e altre sostanze, pronte a essere recuperate su richiesta. La portata dell’operazione è impressionante: più di due chili di cocaina sequestrati in totale, di cui uno solo in un singolo blitz, e oltre 6.200 dosi confezionate tra marzo e aprile 2025, in appena cinquanta giorni. Un ritmo che, se confermato, racconta di una domanda altissima di stupefacenti in città. A seguire passo passo l’inchiesta è stato il luogotenente Stefano Sorbelli, comandante della Stazione “Principale” dei Carabinieri, che con il suo team è riuscito a disarticolare l’organizzazione togliendo dalla piazza di spaccio chili di droga pronti a finire nelle mani dei consumatori. Consumatori che sono spesso giovanissimi, figli di famiglie disattente o lasciati soli, con la droga che diventa rifugio, svago, anestetico. Ma questa storia non è solo cronaca nera: solleva domande pesanti. Quanta droga circola davvero a Civitavecchia? Quanti sono i giovani che ne fanno uso in maniera abituale? E cosa stanno facendo le istituzioni per prevenire e contrastare il fenomeno? La riflessione ora si sposta sul piano sociale: se al vertice di queste reti criminali ci sono ragazzi appena maggiorenni, vuol dire che il problema è radicato, che il rischio di emulazione è altissimo, e che serve una risposta coordinata. Comune, Asl, scuole, servizi sociali: tutti chiamati a fare la loro parte per impedire che il tessuto sociale si laceri ulteriormente. Un’inchiesta che non si limita a colpire i responsabili, ma che fa emergere una realtà amara: il narcotraffico è ormai strutturato come un’azienda, e la città rischia di diventarne il principale mercato di sbocco. Prima che sia troppo tardi, servono interventi di prevenzione, educazione e recupero.
Civitavecchia, il “market della droga” guidato da un ventenne: un’inchiesta che apre interrogativi sulla città e sui giovani
