sabato, Novembre 22, 2025

UK, Portogallo, Canada e Australia riconoscono la Palestina. Netanyahu: “Non ci sarà mai”

Gran Bretagna, Australia e Canada, insieme al Portogallo, hanno annunciato il riconoscimento formale dello Stato di Palestina, mentre con Francia, Belgio e altri Paesi sono pronti a fare lo stesso all’Assemblea Generale dell’Onu che inizia oggi a New York. Ecco una panoramica della situazione.  CHI RICONOSCE LA PALESTINA: tre quarti dei membri Onu rientrano in questa categoria. All’ultimo conteggio, sono almeno 145 Paesi su 193 membri delle Nazioni Unite. Dopo l’annuncio di Londra, Ottawa e Canberra, è seguito quello di Lisbona e si attende per domani, tra gli altri, Francia, Belgio, Lussemburgo e Malta durante un vertice sul futuro della soluzione a due Stati presieduto da Francia e Arabia Saudita. Tra coloro che già riconoscono uno Stato palestinese – unilateralmente proclamato il 15 novembre 1988 da Yasser Arafat, allora leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina – ci sono Russia, insieme a tutti i Paesi arabi, quasi tutti gli Stati africani e latinoamericani e la maggior parte dei Paesi asiatici, tra cui India e Cina. La prima dopo la dichiarazione di Arafat è stata l’Algeria. Hanno seguito gli altri nelle settimane e nei mesi successivi, e un’altra ondata di riconoscimenti è arrivata tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. I Paesi dell’Europa occidentale e settentrionale erano finora uniti nel non riconoscimento, a eccezione della Svezia (2014), ma la guerra a Gaza ha ribaltato la situazione, con Norvegia, Spagna, Irlanda e Slovenia che hanno seguito nel 2024 le orme di Stoccolma.  IL FRONTE DEL NO: almeno 46 Paesi, tra cui Israele, Stati Uniti e i loro alleati non riconoscono uno Stato palestinese indipendente. Tra questi, in Asia restano fuori Giappone, Corea del Sud e Singapore, il Camerun in Africa, Panama in America Latina, così come la maggior parte dei Paesi dell’Oceania. Per quanto riguarda l’Europa, tra i contrari ci sono Italia e Germania.”È un momento storico dal punto divista naturale, legale, morale, coerente con il nostro diritto all’autodeterminazione. È un messaggio, vuol dire vediamo le vostre sofferenze, dà speranza alla nostra gente”. Lo dice a Repubblica  Omar Awadallah, viceministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese, con delega proprio alle Nazioni Unite, dopo il riconoscimento dello Stato della Palestina da parte di diverse nazioni. L’Italia si è tirata fuori, “è un peccato che i nostri amici in Italia non partecipino a questo momento storico, li invitiamo a farlo perché il riconoscimento è il prerequisito per la pace, non un sottoprodotto – evidenzia -. Aspettare che il conflitto venga risolto potrebbe essere troppo tardi per un Paese come l’Italia che ha sempre sostenuto i diritti del popolo palestinese”. La mappa della Cisgiordania assomiglia più a una somma di isole che a un territorio contiguo: pezzi di Palestina intervallati da insediamenti israeliani. “Israele sta cercando di imporre una realtà di fatto sul terreno con gli insediamenti, il genocidio aGaza e cercando di trasferire forzatamente la nostra gente in Cisgiordania. La comunità internazionale deve prendere tutte lemisure per porre fine a questa occupazione: l’embargo sulle armi, le sanzioni ai coloni e ai ministri violenti – spiega ancora -. Non è troppo tardi. Dubito che la comunità internazionale voglia pagare il prezzo di uno stato unico di apartheid nel 21° secolo”. Gli israeliani sostengono che riconoscere lo Stato di Palestina è un regalo ad Hamas. “No, è una ricompensa al campo della pace perché Hamas non crede alla soluzione dei due Stati”, conclude Awadallah che alla domanda se dunque Hamas verrà esclusa dalle prossime elezioni risponde che “qualsiasi movimento o fazione che vorrà partecipare alle elezioni dovrà riconoscere gli obblighi nei confronti dell’Olp, la soluzione dei due Stati e il diritto internazionale”. “Desideriamo cambiare la nostra posizione, affinché non sia Israele, ma il popolo palestinese stesso, a prendere le decisioni e ad agire in modo che la Danimarca riconosca la Palestina. Questo è qualcosa che speriamo di poter fare”. Lo ha detto il ministro degli Esteri danese Lars Loekke Rasmussen annunciando che in giornata fornirà dettagli più precisi in merito a quali ritiene essere i criteri necessariper un riconoscimento della Palestina da parte di Copenaghen. “Finora abbiamo di fatto concesso a Israele il diritto di veto sulla questione, poiché abbiamo affermato che il riconoscimento danese della Palestina avverrà solo quando sarà stata negoziata una soluzione a due Stati” ha dichiarato il ministro in un video pubblicato su Instagram. “E questa soluzione sembra ancora lontana, se si guarda a cosa sta accadendo non solo a Gaza, ma anche con gli insediamenti in Cisgiordania e la dichiarata opposizione del governo Netanyahu auna soluzione a due Stati” ha aggiunto il ministro, che è già a New York per partecipare all’assemblea generale dell’Onu in cui si parlerà della situazione a Gaza e del riconoscimento della Palestina. “In questa importante giornata di mobilitazione in cui la società civile italiana scende nelle piazze per manifestare la sua solidarietà alla popolazione di Gaza e per scuotere dalla loro inerzia le istituzioni nazionali ed europee”, Medici per i Diritti Umani (MEDU) pubblica la versione italiana dell’Appello umanitario per Gaza” dell’organizzazione partner Physician for Human Rights Israel (PHR-Israel). MEDU prosegue il lavoro di testimonianza a fianco di PHRI dopo la diffusione del rapporto “Distruzione delle condizioni di vita: una analisi sanitaria del genocidio di Gaza”, nel quale, in base a una rigorosa analisi delle evidenze disponibili, per la prima volta un’organizzazione della società civile israeliana denuncia il genocidio della popolazione palestinese a Gaza da parte di Israele. L’appello, articolato in sette punti, chiede un cessate il fuoco immediato e permanente come condizione indispensabile per un intervento umanitario efficace. Tale intervento deve garantire la risposta ai bisogni essenziali e la presa in carico sanitaria della popolazione attraverso il pieno coinvolgimento delle Nazioni Unite, l’esclusione di qualsiasi meccanismo di aiuto militarizzato e l’apertura urgente di un corridoio umanitario tra Gaza e Cisgiordania. L’ultimo punto riguarda la ricostruzione a lungo termine del sistema sanitario nella Striscia, nel rispetto del diritto alla salute dei palestinesi. “In un momento in cui nelle relazioni tra i popoli sembra prevalere unicamente la logica della forza, rivolgiamo un appello alla comunità internazionale, e in particolare ai governi europei, affinché si impegnino subito e in modo concreto per fermare il massacro, la spoliazione e la disumanizzazione della popolazione civile palestinese, ristabilire il primato del diritto internazionale e garantire l’accesso libero e sicuro degli aiuti umanitari” conclude la nota di Medici per i diritti umani. Si apre oggi a New York, l’80esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, Unga80, con la guerra a Gaza e la questione del riconoscimento al centro dei lavori dei delegati. Nel consenso globale andrà in onda lo scontro tra Stati Uniti e Israele da una parte e una maggioranza di Paesi guidata dalla Francia e dal Regno Unito, decisi a confermare al Palazzo di Vetro il riconoscimento della Palestina e affiancate da un gruppo  in via di allargamento, che a sua volta annuncia la volontà di procedere al passo tanto simbolico quanto diplomaticamente pesante: oltre a Malta, ci sono in lizza Australia, Canada, Belgio, Lussemburgo e Portogallo. Per un riconoscimento effettivo serve l’ok del Consiglio di Sicurezza, dove gli Stati Uniti si opporrebbero. Ma intanto si configura uno scontro tra amministrazione americana e un drappello nutrito di Paesi europei e di alleati americani in tensione con Washington. Oggi è prevista la cerimonia di apertura e una Conferenza di alto livello per la risoluzione pacifica della questione palestinese e l’attuazione della soluzione a due Stati, co-presieduta da Francia e Arabia Saudita e che dovrebbe vedere la formalizzazione del riconoscimento della Palestina da parte di Francia, Gran Bretagna e Malta. Il dibattito dell’Assemblea generale inizia domani, senza i delegati palestinesi, dato che il governo statunitense ha negati i visti. Tuttavia,  una risoluzione approvata il 19 settembre permette ai rappresentanti dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) di partecipare a distanza, e il presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) andrà in onda al dibattito generale con una dichiarazione preregistrata. La Palestina è dal 2012 stato non membro a cui è riconosciuto il ruolo di osservatore permanente, anche questo di grande valore simbolico ma senza riscontro nella realtà della sanguinosa guerra a Gaza. Sul conflitto che continua a mietere vittime e vede il governo israeliano respingere ogni pressione internazionale, l’Assemblea generale ha votato il 12 settembre la dichiarazione di New York per una risoluzione pacifica della questione palestinese e l’implementazione della soluzione a due Stati, che prevede una road map per l’immediato cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi israeliani ancora in mano a Hamas, e la creazione di uno Stato sovrano palestinese: 142 i voti a favore, 10 i contrari e 12 i paesi astenuti.

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