Non era mai successo prima nella storia americana: un ex direttore dell’FBI è stato incriminato. Un Gran Giurì ha dato il via libera nelle scorse ore a due capi d’accusa nei confronti di James Comey, che il presidente Donald Trump considera un nemico personale. La prima imputazione riguarda dichiarazioni false al Congresso, l’altra è di ostruzione alla giustizia. Dopo aver fatto pressione sulla sua ministra della Giustizia affinché agisse contro i suoi nemici, Trump festeggia: “Giustizia in America”, esulta sul suo social Truth, definendo James Comey “una delle persone peggiori” con cui gli Stati Uniti si siano mai confrontati. Nella “lista nera” di Trump, Comey è nei primi posti: è stato lui a indagare sul Russiagate, ritenuto dal presidente una “caccia alle streghe”, una delle maggiori “bufale” della storia. Nel 2017 il tycoon licenziò improvvisamente Comey dalla guida dell’FBI, prima puntando il dito sulla sua gestione dell’indagine sul server email privato usato da Hillary Clinton, poi ammettendo che lo aveva silurato per l’inchiesta su una sua possibile collusione con la Russia. Al centro dell’incriminazione c’è la testimonianza di Comey alla Commissione Giustizia del Senato del 30 settembre 2020, durante la quale venne accusato di aver mentito sull’autorizzazione data alla diffusione di informazioni sensibili. Comey si è sempre dichiarato innocente. E poco dopo la messa ufficiale in stato di accusa lo ha ribadito in un video postato su Instagram: “Facciamo un processo. E abbiate fede”, ha detto. “Il mio cuore è spezzato per il dipartimento di Giustizia, ma ho grande fiducia nel sistema giudiziario federale e sono innocente”. Secondo le notizie che circolano, Comey si consegnerà nelle prossime ore. L’FBI e le organizzazione che lo hanno preceduto hanno avuto nella storia direttori molto discussi – come J. Edgar Hoover che guidò l’agenzia per quasi mezzo secolo facendone una leva di forte potere politico. Ma nessuno di loro è mai stato incriminato penalmente, né durante né dopo aver lasciato l’incarico. Il documento dell’incriminazione contro Comey è breve ed è firmato solo dalla procuratrice Lindsay Halligan, ex avvocata di Trump specializzata nel settore assicurativo: ha assunto l’incarico da soli tre giorni. Secondo molti osservatori, la mancanza di altre firme e il fatto che Halligan abbia presentato direttamente il caso al Gran Giurì sembrano indicare che nessuno all’interno dell’ufficio della procuratrice abbia voluto farsi carico di una mossa così azzardata. L’incriminazione di Comey crea non poche tensioni anche all’interno del Dipartimento di Giustizia. La ministra Pam Bondi era scettica sul caso e ha cercato di fermarlo, dicono indiscrezioni. Bondi e il suo numero due, l’ex legale di Trump Todd Blanche, avevano anche cercato di convincere Trump a non rimuovere Erik Siebert, l’ex procuratore della Virginia di cui Halligan ha preso il posto. I loro sforzi non sono però valsi a nulla: il presidente “accecato dalla voglia di vendetta”, come lo hanno descritto i critici, ha deciso di procedere a ogni costo in modo da iniziare a far pagare ai suoi nemici tutto quello che a suo avviso meritano. “Mi hanno messo in stato di accusa due volte e incriminato cinque volte sul niente. Giustizia va fatta ora”, ha detto Trump a Bondi nei giorni scorsi riferendosi a Comey, all’ex senatore democratico Adam Schiff e alla procuratrice di New York Letitia James. Il colpo inflitto a Comey difficilmente riuscirà a calmare Trump che, secondo molti, guarda già al suo prossimo bersaglio. Molti scommettono che sarà John Bolton, esponente di estrema destra e suo ex consigliere divenuto poi un agguerrito critico del nuovo presidente.
Trump fa incriminare Comey, ex direttore dell’FBI. È la prima volta nella storia
