martedì, Settembre 30, 2025

Sumud Flotilla riparte da Creta: meno di 51 imbarcazioni verso la Striscia, dialogo aperto con Roma

Le imbarcazioni della cosiddetta Sumud Flotilla hanno lasciato nuovamente il porto di Creta: il convoglio, ridotto dopo alcune defezioni, conta ora meno di cinquantuno unità ma mantiene l’obiettivo dichiarato di raggiungere la Striscia di Gaza. Nonostante le tensioni e gli allarmi sulla sicurezza, i contatti tra gli attivisti e le autorità italiane si sono intensificati e proseguiranno nelle prossime ore. Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana del Global Movement to Gaza, appena rientrata in Italia, ha riferito di aver parlato al telefono con il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Andiamo avanti, ma c’è disponibilità a lavorare a una soluzione per un corridoio permanente di aiuti a Gaza”, ha detto Delia. Tajani, pur ribadendo la volontà di cercare un canale umanitario, ha sconsigliato di forzare il blocco navale per ragioni di sicurezza: “È pericoloso”, ha spiegato, informando successivamente la premier Giorgia Meloni del contenuto della conversazione. Il governo italiano, ha aggiunto il ministro, continuerà a sollecitare Israele a tutelare le persone presenti sulle imbarcazioni. Al contempo, Frontex ha escluso la possibilità di assumere la responsabilità della protezione della flottiglia, precisando che non fornirà scorte. Per cautela, il ministero della Difesa ha disposto l’invio di una nave della Marina militare che segue il convoglio a distanza, pronta a intervenire per soccorsi in mare ma senza svolgere scorta armata. Tra le opzioni sul tavolo del governo figura l’intermediazione del Patriarcato latino di Gerusalemme. Il piano prevede che la flottiglia faccia rotta verso Cipro, da cui il Patriarcato, guidato dal patriarca Pierbattista Pizzaballa, coordinerebbe il trasferimento dei carichi di cibo attraverso il porto israeliano di Ashdod e il corridoio stabilito dalle Misericordie Amalthea verso la Striscia. Una soluzione che, al momento, non pare ancora pienamente convincente per la Flotilla nelle sue modalità attuali. La recente ondata di attacchi con droni in acque internazionali — episodio citato dallo stesso Tajani — ha contribuito a innalzare il livello di allerta. Proprio per questo motivo il ministro ha chiarito i limiti dell’intervento italiano: “Noi abbiamo detto quali sono i rischi e i pericoli. Fino a che possiamo fare qualcosa per scongiurare rischi per i cittadini italiani, lo facciamo. Se poi entreranno dentro, li assisteremo là. La nave militare non gli fa la scorta, questa è l’unica cosa certa”. Tra le alternative che riscuotono maggiore attenzione tra gli attivisti c’è la possibilità di un approdo in Egitto, navigando a ridosso delle acque territoriali israeliane e quindi sbarcando su coste vicine alla Striscia. Secondo la delegazione, questa soluzione ridurrebbe l’esposizione a un confronto diretto con il blocco navale israeliano; per il governo, però, resta prioritario garantire la sicurezza dei cittadini italiani coinvolti e trovare un canale che consenta di consegnare gli aiuti senza creare ulteriori rischi o violazioni del diritto internazionale. Nei prossimi giorni si attendono nuove consultazioni tra la portavoce Delia, i leader politici italiani e i ministri competenti: la mano della diplomazia resta tesa, ma l’equilibrio fra volontà umanitaria e valutazioni di sicurezza sarà determinante per l’evoluzione della vicenda.

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