Il radicamento della ‘ndrangheta sul litorale romano non è più un’ipotesi investigativa, ma una realtà consolidata. Le indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia hanno confermato l’esistenza di un “locale” attivo tra Anzio e Nettuno, legato direttamente al clan di Santa Cristina d’Aspromonte e formato anche da famiglie originarie di Guardavalle, in provincia di Catanzaro. Una presenza silenziosa ma pervasiva, che nel tempo ha costruito un vero sistema di potere fondato su due pilastri: il traffico di stupefacenti e l’assoggettamento del territorio. La forza del vincolo mafioso non si è limitata alle attività illecite, ma ha garantito omertà e controllo capillare, riuscendo a condizionare dinamiche economiche e, in alcuni casi, anche politiche. Non solo droga, dunque: la ‘ndrangheta sul litorale ha dimostrato la capacità di inserirsi nelle pieghe della vita quotidiana delle comunità locali, imponendo regole non scritte e consolidando una rete di rapporti che ha resistito nel tempo. Una “borghesia mafiosa” in grado di investire, mimetizzarsi e stringere legami con settori insospettabili. Secondo gli inquirenti, l’organizzazione avrebbe sfruttato la posizione strategica di Anzio e Nettuno, snodi fondamentali per lo sbarco e lo smistamento di carichi di droga, ma anche territori con un tessuto sociale vulnerabile, facilmente penetrabile attraverso denaro e intimidazioni. Il quadro delineato dalla magistratura è quello di una presenza ormai radicata, capace di garantire continuità generazionale e di trasformare il vincolo mafioso in un collante sociale e imprenditoriale. Una realtà che, se non contrastata con fermezza, rischia di consolidare un potere parallelo destinato a soffocare lo sviluppo sano e legale del territorio.






