mercoledì, Ottobre 8, 2025

Parolin: “Inaccettabile ridurre vittime a danni collaterali”. Replica di Israele: “Mina gli sforzi per la pace”

Nuovo fronte di tensione tra la Santa Sede e Israele dopo le parole del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che in un’intervista ha espresso una ferma condanna delle azioni militari israeliane nella Striscia di Gaza, definendo “inaccettabile” la sofferenza inflitta alla popolazione civile palestinese. Parolin ha ribadito che “i civili non possono mai essere considerati danni collaterali”, sottolineando come il diritto internazionale umanitario debba essere rispettato da tutte le parti in conflitto. Il porporato ha poi espresso solidarietà ai manifestanti pro-Palestina che negli ultimi giorni hanno riempito le piazze italiane, chiedendo la fine delle ostilità e l’avvio di un processo di pace. Le dichiarazioni del cardinale hanno però provocato la reazione immediata dell’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, che in una nota ha definito l’intervento di Parolin “ben intenzionato, ma potenzialmente dannoso”. Secondo il diplomatico, le parole del cardinale rischiano di “minare gli sforzi internazionali per porre fine alla guerra a Gaza e per contrastare il crescente antisemitismo”, poiché si concentrerebbero “unicamente sulla critica a Israele”, ignorando – ha aggiunto – “il continuo rifiuto di Hamas di liberare gli ostaggi e di interrompere la violenza”. L’ambasciatore ha inoltre espresso “profonda preoccupazione per l’uso problematico dell’equivalenza morale laddove non è pertinente”, sottolineando che la realtà del conflitto non può essere ridotta a una simmetria di colpe. Le parole del cardinale Parolin si inseriscono in una linea di equilibrio delicato che la diplomazia vaticana sta tentando di mantenere sin dall’inizio della guerra a Gaza: condanna del terrorismo, ma anche appello costante al rispetto dei diritti umani e alla tutela della popolazione civile. L’episodio rischia ora di riaccendere le tensioni tra Israele e la Santa Sede, in un momento già segnato da profonde divisioni internazionali e da un crescente dibattito sull’uso della forza e sulla responsabilità morale dei conflitti contemporanei.

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