«Troppe case senza gente, troppa gente senza case». Lo slogan che anni fa sfilava nelle manifestazioni torna oggi a riecheggiare con forza anche a Tarquinia, dove cresce la preoccupazione per il numero sempre più alto di abitazioni vuote e palazzine abbandonate. Un patrimonio edilizio dimenticato, simbolo — secondo la Federazione Pci di Viterbo — di «un modello di sviluppo urbanistico insostenibile», che ha prodotto consumo di suolo e spreco di risorse senza rispondere ai reali bisogni della cittadinanza. A rilanciare l’allarme è Luigi Caria, esponente della Federazione Pci di Viterbo, che invita l’amministrazione comunale a intervenire concretamente: «A Tarquinia ci sono decine di edifici inutilizzati, molti dei quali potrebbero essere recuperati e riconvertiti in alloggi popolari o spazi sociali. Basterebbe — afferma — applicare i principi della Costituzione, che tutela la funzione sociale della proprietà». Il tema dell’emergenza abitativa, del resto, non è nuovo per la città etrusca: negli ultimi anni si sono moltiplicate le segnalazioni di famiglie in difficoltà economica costrette a lasciare le proprie case o a vivere in condizioni precarie, mentre immobili di pregio restano chiusi o in stato di degrado. «Restituire questi spazi alla collettività — prosegue Caria — significherebbe non solo rispondere a un’emergenza concreta, ma anche fermare la corsa alle nuove edificazioni che continuano a consumare territorio senza risolvere il problema. Serve un piano di recupero e riuso che metta al centro le persone, non gli interessi speculativi». Una posizione che si inserisce nel dibattito più ampio sul futuro urbanistico di Tarquinia e che chiama in causa la politica locale. Il Pci chiede al Comune di aprire un tavolo di confronto con cittadini, associazioni e realtà del territorio per definire una strategia condivisa, capace di coniugare diritto alla casa, sostenibilità e tutela del patrimonio urbano esistente.