Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha dichiarato mercoledì che la mossa della Knesset israeliana verso l’annessione della Cisgiordania minaccerebbe il piano del presidente Donald Trump per porre fine al conflitto a Gaza. Il portavoce dell’Onu Farhan Haq ha ribadito che le Nazioni Unite “sostengono la soluzione dei due Stati e si oppongono a qualsiasi iniziativa volta a modificare unilateralmente lo status quo”. Il commento del portavoce è arrivato in risposta alla domanda di un giornalista che chiedeva cosa pensasse della decisione della Knesset, il parlamento israeliano, che ha approvato in via preliminare un disegno di legge che stabilisce l’annessione della Cisgiordania. “Questa – ha aggiunto il portavoce – fa parte del territorio palestinese occupato. Come sapete, spetta a Israele e alla Palestina negoziarne lo status. La Palestina ha un proprio territorio e la sua integrità territoriale deve essere rispettata”.Il ministero degli Esteri saudita ha condannato due proposte per applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania, approvate oggi in lettura preliminare dalla Knesset. In una nota, il ministero ha descritto le leggi come “legittimazioni della sovranità israeliana su un insediamento coloniale illegale” e ha respinto “tutte le violazioni degli insediamenti e dell’espansione perpetrate dalle autorità di occupazione israeliane”. “Il Regno ribadisce il suo sostegno al diritto intrinseco e storico del popolo palestinese a stabilire il proprio Stato indipendente sui confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, in conformità con le pertinenti risoluzioni internazionali”, si legge nella nota. “Stati Uniti, Germania e Italia sono tra i maggiori fornitori di armi a Israele. Solo pochi Stati occidentali, in particolare Spagna e Slovenia, hanno annullato contratti e imposto embarghi”. Lo scrive, in un report alle Nazioni Unite, Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati.
Tra ottobre 2023 e ottobre 2025, 26 Stati hanno inviato almeno 10 spedizioni di armi e munizioni a Israele, tra cui Cina, Taiwan, India, Italia, Austria, Spagna, Repubblica Ceca, Romania e Francia. Gli Stati – prosegue Albanese – effettuano anche trasferimenti indiretti fornendo componenti per le armi utilizzate da Israele. Il programma di caccia stealth F-35, fondamentale per l’assalto militare israeliano a Gaza, coinvolge 19 Stati: Australia, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Corea del Sud, Romania, Singapore, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. Gli Stati – si legge ancora nel report di Albanese – hanno continuato a concedere licenze di esportazione di armi a Israele e consentire il trasferimento di armi attraverso i loro porti e aeroporti (ad esempio Italia, Paesi Bassi, Irlanda, Francia, Marocco). L’Italia, il terzo più grande Paese esportatore verso Israele nel 2020-2024, ha sostenuto di rispettare gli obblighi legali di cessare queste esportazioni, pur continuando gli accordi esistenti e adottando un approccio non interventista. Molti Paesi hanno aumentato i loro scambi commerciali con Israele durante il genocidio, tra cui Germania (+836 milioni di dollari), Polonia (+237 milioni di dollari), Grecia (+186 milioni di dollari), Italia (+117 milioni di dollari), Danimarca (+99 milioni di dollari), Francia (+75 milioni di dollari) e Serbia (+56 milioni di dollari), nonche’ Paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti (+237 milioni di dollari), Egitto (+199 milioni di dollari), Giordania (+41 milioni di dollari) e Marocco (+6 milioni di dollari). Cio’ ha contrastato il declino commerciale che Israele ha dovuto affrontare (-6%). “Il genocidio a Gaza – conclude Francesca Albanese – non è stato commesso isolatamente, ma come parte di un sistema di complicita’ globale. Invece di garantire che Israele rispetti i diritti umani fondamentali e l’autodeterminazione del popolo palestinese, potenti Stati terzi – perpetuando pratiche coloniali che avrebbero dovuto essere da tempo relegate alla storia – hanno permesso che le pratiche violente diventassero una realtà quotidiana”. Israele non ha dimostrato che parte del personale dell’Unrwa sia membro di Hamas. Lo ha stabilito la Corte internazionale di Giustizia aggiungendo che Lo Stato ebraico deve “facilitare i programmi di aiuto a Gaza, anche quelli dell’agenzia dell’Onu”. “La Corte ritiene che Israele non abbia dimostrato le sue accuse secondo cui una parte significativa dei dipendenti dell’Unrwa sarebbero ‘membri di Hamas… o di altre fazioni terroristiche'”, afferma il presidente della Corte internazionale di giustizia Yuji Iwasawa. “In quanto potenza occupante, Israele è obbligato a garantire i bisogni primari della popolazione locale, compresi i beni essenziali per la loro sopravvivenza”, dice Iwasawa. La Corte internazionale di giustizia ha inoltre dichiarato che Israele è tenuto a non ricorrere alla fame come mezzo di guerra a Gaza: “La Corte ricorda l’obbligo di Israele di non ricorrere alla fame della popolazione civile come metodo di guerra”. La Commissione di controllo dello Stato della Knesset ha bocciato la proposta di istituire una commissione d’inchiesta sull’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. La proposta era stata avanzata dall’opposizione israeliana. I membri del comitato del Likud e dei partiti ultraortodossi Shas e United Torah Judaism hanno votato contro la mozione. La proposta avrebbe consentito a una commissione di indagare sugli eventi che hanno portato all’attacco guidato da Hamas in cui sono state uccise circa 1.200 persone e rapite 251. L’opposizione ha condannato l’esito del voto, definendolo un “fallimento morale”: secondo il parlamentare democratico Efrat Rayten Marom la responsabilità del disastro “ricade interamente su Netanyahu”. Il deputato ha definito “una vergogna” l’assenza di qualsiasi rappresentante dell’ufficio del primo ministro durante la seduta. La decisione ha indignato anche le famiglie colpite dal lutto. Reut Edri, il cui figlio Ido e’ stato assassinato al festival Nova, ha affermato che “non puo’ esserci rinascita del Paese senza responsabilita’ e una vera indagine”. Il governo sta valutando la possibilita’ di istituire e nominare una propria commissione per indagare sull’attacco del 7 ottobre, anziche’ sostenere una commissione d’inchiesta statale imparziale, , riportano i media israeliani. Secondo i sondaggi la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana ritiene che dovrebbe essere istituita una commissione d’inchiesta statale.






