C’è la famiglia Gangemi alle spalle del boss arrestato a Casablanca con la moglie. “Il capo dei capi”, così si faceva chiamare e così lo aveva definito l’ex sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, finito agli arresti domiciliari e ora sotto processo con altri 18 imputati perché ritenuto l’uomo di Patrizio Forniti nelle istituzioni. Principi era uno dei 25 destinatari delle misure cautelari eseguite il 3 luglio 2024, esito dell’indagine “Assedio”. Cruciale per l’imputazione dell’ex sindaco un procedimento davanti al tribunale di Velletri in cui i fratelli Sergio e Giampiero Gangemi e Patrizio Forniti erano accusati di estorsione e usura. In quel processo il comune di Aprilia si sarebbe dovuto costituire parte civile per avvalorare i capi di imputazione. Questa la richiesta di associazioni come “Reti di giustizia” e “La Frusta politica”. Richiesta che però rimase inascoltata. A fare pressioni perché questo non accadesse, secondo le indagini e le intercettazioni, sarebbe stato proprio Lanfranco Principi, in quel periodo vicesindaco. Gli investigatori hanno ricostruito il pactum sceleris sullo sfondo di queste pressioni, quello che prevedeva l’ottenimento di voti in cambio dell’assegnazione di appalti e dell’assunzione di personale. Nel 2018 Forniti sarebbe riuscito a garantire l’elezione di Principi in consiglio comunale e la nomina a vicesindaco con un pacchetto di 200 voti di preferenza. Uno schema che riproduce fedelmente quelli con cui le organizzazioni mafiose più consolidate sono riuscite a infiltrare e a influenzare l’operato di molte istituzioni. E del resto Forniti è cresciuto nella scuola della famiglia Gangemi, insediatasi ad Aprilia sin dagli anni 80 e divenuta, nel Lazio, l’espressione imprenditoriale della cosca De Stefano di Reggio Calabria. Pietro Gangemi, pur sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, ha lavorato ad allungare i propri tentacoli fino alla capitale. “Padrino” di Forniti, Sergio Gangemi, che dal 2010 lo ha assunto nelle due “società fantoccio”, la Spazio Food Uno s.p.a. e la Selection Cars s.r.l., che aveva appena due dipendenti. Strumenti usati per veicolare fondi illeciti e trasferirli ad altri soggetti finanziari. Dagli esordi il cammino è stato veloce portando il boss alla creazione di una mafia autoctona e a un controllo riconosciuto sul territorio di Aprilia, dove “tutti sanno chi è”, come spiega chi indaga. La riconoscibilità sul territorio e l’uso della violenza come strumento intimidatorio sono ricostruiti nelle intercettazioni e nelle indagini della Direzione Investigativa Antimafia. A capo del clan apriliano c’era un triumvirato: Luca De Luca, Marco Antolini e Patrizio Forniti. Tre uomini uniti da un legame di solidarietà e amicizia, come testimoniato da De Luca che viene intercettato mentre dice ad Antolini: “Allora il discorso che questo nostro amico, che io e lui non lo lasceremo mai purtroppo hanno arrestato a lui se arrestavano a lui era un altra cosa o se arrestavano a me, però il discorso è un altro, che loro dicono perché questi sono così amici? Perché qui si parla di reati grandissimi cioè cose è…”. Parla proprio di Forniti durante un suo periodo di detenzione. È ancora la voce di De Luca a commentare i legami con l’amministrazione locale: “ favori dalla mattina alla sera … non c’è nessuno che prega che tu muori … capito … non so se mi riesci a capire…”. Patti d’acciaio, fedeltà e solidarietà interna, controllo rigido del territorio legato a una immediata riconoscibilità da parte della cittadinanza, legami con ‘Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra e con gli eredi romani della Banda della Magliana e infine la capacità di influenzare l’operato dell’amministrazione per trarne guadagni. Questi i filoni lungo cui si snoda l’indgine della Dia che a luglio 2024 ha portato all’esecuzione di 23 misure cautelari e ora ha raggiunto anche il capo supremo, Forniti, rifugiatosi con la moglie Monica Montenero (anche lei arrestata), a Casablanca. I capi d’imputazione comprendono quelli del 416 bis: l’associazione di tipo camorristico-mafioso che viene così descritta da chi indaga: “caratterizzata dall’avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, dalla pratica e dalla ostentazione di un’attitudine alla violenza finalizzata all’acquisizione del controllo del territorio per la gestione di attività lecite ed illecite; finalizzata altresì alla commissione di delitti contro il patrimonio, la persona, la pubblica amministrazione ed il traffico degli stupefacenti per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri”.






