È comparsa all’alba, incollata sul muro di una scuola elementare in via Bobbio, a pochi metri da piazza dei Re di Roma. Una figura piccola, fragile, ma impossibile da ignorare: un bambino palestinese con una gamba amputata, due lacrime nere sul volto e, accanto, la scritta in rosso “Shame on you”. È la nuova opera di Laika, la street artist nota per i suoi interventi politici e sociali, tornata a colpire proprio nel giorno in cui il mondo ricorda i diritti dei più piccoli. L’opera, grande abbastanza da dominare l’ingresso della scuola, è stata realizzata con la consueta tecnica del poster wheatpaste. Il bambino – maglia chiara, sguardo perso, stampelle sottili che reggono a fatica il peso del corpo – appare in un equilibrio precario che sembra pronto a spezzarsi. Le lacrime, nere e dense, scendono come una colpa collettiva. “Shame on you” non è un semplice slogan, ma un’accusa diretta che l’artista rivolge «a chi è autore o complice di genocidio», spiegando l’intenzione dell’opera con parole dure e senza appello.
Laika ha scelto non a caso una scuola elementare: un luogo simbolo dell’infanzia protetta, del futuro che cresce, del diritto all’istruzione che per milioni di bambini nel mondo resta un miraggio. “Abbiamo tradito i diritti dei bambini. Il mondo dovrebbe vergognarsi”, ha dichiarato l’artista, rivendicando l’urgenza di rompere il silenzio attraverso l’arte in una giornata che, per molti, rischia di scivolare via come una ricorrenza formale.
Il contesto globale rende la denuncia ancora più feroce. Proprio nel World Children’s Day, i dati diffusi da Save the Children raccontano una realtà devastante: oltre 20.000 bambini uccisi a Gaza dall’ottobre 2023, più di 64.000 tra uccisi e mutilati, mezzo miliardo di minori che vivono in zone di guerra e un bambino costretto alla fuga ogni 10 secondi in Sudan. Numeri che, letti accanto all’immagine del piccolo palestinese mutilato, assumono il peso di una verità difficile da sostenere.
Nel quartiere, l’opera ha subito richiamato passanti, genitori e insegnanti. Qualcuno si ferma in silenzio, altri scattano una foto, altri ancora discutono animatamente. C’è chi la considera una denuncia necessaria, chi la percepisce come un pugno allo stomaco nel tragitto verso la scuola. Ma il messaggio di Laika, come sempre, non cerca consenso: vuole creare fratture, interrogativi, responsabilità.
Via Bobbio, per un giorno, diventa così un piccolo osservatorio sul mondo. E il volto di un bambino, incollato su un muro romano, diventa il simbolo di tutti quelli che quel mondo lo stanno perdendo, mentre gli adulti – come suggerisce Laika – dovrebbero davvero iniziare a vergognarsi.
Un bambino palestinese amputato e la scritta “Shame on you”: l’ultima opera di Laika a Roma






