È terminato dopo due ore a Palazzo Chigi il vertice dei leader di maggioranza per mettere a punto alcuni possibili modifiche alla legge di bilancio, di cui vanno ancora trovate le coperture. Alla riunione hanno partecipato la premier Giorgia Meloni, i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il vice ministro Maurizio Leo, il titolare dei rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e i capigruppo di maggioranza in Senato. Un vertice che “si è svolto in un clima di grande condivisione” e nel quale “è stata raggiunta un’intesa su alcune questioni ancora aperte”, riferisce una nota di Chigi, in cui si spiega che “in particolare, si è trovato un accordo sugli affitti brevi, sull’ampliamento dell’esenzione ISEE sulla prima casa, sull’articolo 18 riferito ai dividendi, è stata chiarita la possibilità di compensazione anche per i contributi previdenziali delle imprese, e si è discusso delle misure a favore delle forze dell’ordine”. Nella nota non si fa dunque alcun riferimento all’ipotesi di ulteriore aumento dell’Irap per le grandi banche. Al termine della riunione di giovedì scorso, Palazzo Chigi aveva elencato i temi su cui approfondire il confronto in vista dell’incontro di oggi. Erano cinque: la cedolare secca sugli affitti brevi, l’estensione dell’iperammortamento richiesta da Confindustria, il regime fiscale sui dividendi per società e imprenditori, la soglia che esclude la prima casa dal calcolo dell’Isee e alcune misure per far emergere l’oro da investimento, cioè lingotti e monete. La maggioranza però sta chiedendo ancora nuove modifiche alla manovra, oltre ai temi già indicati da Palazzo Chigi: Forza Italia vuole cancellare le nuove regole sulle cedole, rivedere la stretta sui crediti fiscali e bloccare l’aumento della cedolare secca, oltre a ottenere più risorse per sanità e forze dell’ordine. La Lega punta soprattutto sul pacchetto sicurezza e chiede di estendere la rottamazione delle cartelle e di ridurre il canone Rai. Il problema principale è trovare le coperture: Salvini propone un aumento dell’Irap per le banche, mentre Forza Italia punta alla rivalutazione dell’oro. Tra le ipotesi ci sono anche una tassa sui piccoli pacchi extra UE e una stretta sulle plusvalenze delle imprese. Degli oltre 440 emendamenti presentati alla Camera 105 sono stati dichiarati inammissibili dalla presidenza della commissione Bilancio del Senato. Diciotto per materia e quindi potranno essere sostituiti dai gruppi con altre proposte di modifica. Altri 87 sono stati bloccati per mancata copertura. Ammesso l’emendamento a firma del capogruppo di FdI, Lucio Malan sulle riserve d’oro di Bankitalia che “appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano”. Sopravvivono al vaglio di ammissibilità della commissione Bilancio del Senato sugli emendamenti alla manovra, 4 su 5 delle proposte di modifica sui condoni edilizi, compresa quella che rimodula le sanzioni. A essere stato stoppato è un emendamento – a firma FdI – che stabiliva che i Comuni fossero obbligati a rilasciare i titoli abilitativi edilizi in sanatoria a seguito dei procedimenti già previsti entro il 31 marzo 2026. Vanno avanti anche le proposte sulla tassazione dell’oro “da investimenti”, presentate da Lega e FI. Gli azzurri con lo stesso emendamento chiedono la cancellazione dell’articolo sui dividendi. È stato giudicato ammissibile anche “l’emendamento alla Legge di Bilancio, a firma Nicita e Irto, che, in ragione dello stop della Corte dei Conti, definanzia la quota FSC precedentemente destinata al Ponte e le destina a opere infrastrutturali in Sicilia e in Sardegna”, segnala in una nota il senatore Antonio Nicita, Vice Presidente del Gruppo Pd in Senato. “Non ha alcun senso – aggiunge Nicita – bloccare ulteriormente questi fondi in un momento nel quale l’iter autorizzativo è assai incerto. Il governo se vorrà potrà successivamente integrare le risorse se e quando sarà completato l’iter”. Risulta invece non ammissibile per copertura, al momento, l’emendamento alla manovra segnalato dalla Lega che prevedeva di incrementare di 5 miliardi per ciascuno degli anni dal 2026 al 2028 il fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando a copertura la cessione di quote del Mes. “Se ha un problema lo sistemiamo”, sottolinea il senatore Claudio Borghi, sostenitore della proposta. Un altro emendamento della Lega giudicato inammissibile è quello che riscriveva il Piano Casa, dando priorità ai giovani, alle giovani coppie, ai separati e agli anziani. La proposta a prima firma Romeo stanziava risorse già dal prossimo anno, per complessivi 877 milioni fino al 2030. Le risorse per il 2026 erano attinte per la stragrande maggioranza (100 milioni su 122) dal Fondo per interventi strutturali di politica economica. Allo stesso tempo l’emendamento prevedeva che sia per il Piano casa che per il contrasto al disagio abitativo potessero essere utilizzate risorse derivanti dalle rimodulazioni del Fondo europeo di sviluppo regionale – Fesr nel ciclo 2021-2027. L’inammissibilità è proprio per assenza di coperture adeguate. È stato inoltre dichiarato inammissibile l’emendamento a firma della senatrice Micaela Biancofiore di Civici d’Italia che prevedeva il passaggio della responsabilità civile in caso di danni ai pazienti dall’azienda sanitaria direttamente in capo ai medici. Salta poi l’emendamento alla manovra presentato da Fratelli d’Italia che allargava la detassazione sui rinnovi contrattuali. La proposta segnalata a prima firma Mancini è stata giudicata priva di adeguata copertura. La nuova norma prevedeva la validità dell’imposta sostitutiva del 5% per i redditi fino a 28.000 euro per gli accordi sottoscritti non solo nel 2025 e 2026 ma anche nel 2024. La platea dei dipendenti interessati veniva ampliata inoltre ai redditi tra i 28.000 e i 35.000 euro, ma in questo caso con un’imposta sostitutiva del 10%. La misura era infine introdotta solo per i contratti “sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. La legge di Bilancio approderà alla Camera dal 19 dicembre Il Ddl Bilancio è stato calendarizzato in Aula alla Camera a partire da venerdì 19 dicembre. È quanto ha deciso la capigruppo di Montecitorio.Al termine della riunione, la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, racconta: “In realtà nel calendario che ci era stato presentato abbiamo visto che non avevano inserito la manovra, abbiamo fatto notare che senza la legge di bilancio si rischia di andare in esercizio provvisorio. Hanno risposto che non era stata inserita perché non si sa ancora quando lo approva il Senato. Dopo un po’ di nostra insistenza alla fine hanno indicato una data”. Per la capogruppo alla Camera di Italia viva, Maria Elena Boschi: “Così si umilia il Parlamento. Anche sulla legge di bilancio ci troviamo di fronte a un monocameralismo di fatto”. E ancora a commento della riunione della Conferenza dei capigruppo che ha stabilito il timing dei lavori parlamentari. “La Camera non potra’ intervenire, arriverà un testo già blindato dal Senato e ci resteranno solo pochi giorni per votarlo. È uno strappo istituzionale grave, che calpesta le prerogative della Camera. Non si puo’ trattare il Parlamento come un intralcio – avverte – La manovra non e’ un atto notarile da ratificare senza discussione. È il cuore della politica economica del Paese. Ridurre la Camera a spettatrice indebolisce la nostra democrazia e non puo’ passare come se fosse normale solo perché ormai è la prassi a cui ci ha abituato Giorgia Meloni”.
Vertice di maggioranza sulla manovra, raggiunto un accordo su affitti brevi e ISEE prima casa






