venerdì, Dicembre 5, 2025

Gaza, transizione e seconda fase del piano di pace: l’obiettivo di Trump entro Natale

La Casa Bianca ha fissato un obiettivo ambizioso: annunciare entro due settimane la cosiddetta “seconda fase” del piano di pace per Gaza, che prevede l’istituzione di un’amministrazione transitoria e l’istituzione di un meccanismo di sicurezza volto a sostituire Hamas come autorità effettiva nel territorio. A rivelarlo è l’Israel Times, che cita una fonte israeliana vicina ai negoziati. Si tratterebbe di un salto enorme: dopo la tregua e lo scambio di ostaggi sanciti nella prima fase, entrambi confermati da Donald Trump, si entra nel vivo della ricostruzione istituzionale. Secondo il piano – redatto da Trump insieme a figure come Jared Kushner e Tony Blair, ed esposto in modo ufficiale dalla Casa Bianca lo scorso settembre – Gaza dovrebbe essere governata da un organismo tecnico apolitico composto da esperti palestinesi, ma sotto la supervisione di un “Board of Peace” internazionale guidato da Trump e Blair. In parallelo, è prevista la creazione di una International Stabilization Force (ISF), una forza multinazionale incaricata di garantire la sicurezza, disarmare le milizie, addestrare una polizia palestinese e presiedere al controllo delle frontiere.
Secondo le fonti citate da Israel Times, sarà proprio Donald Trump – già protagonista del lancio del piano – a presentare formalmente l’elenco dei Paesi e delle “personalità chiave” coinvolte in questa nuova struttura: potenziali contributori della forza internazionale o membri del Board di Pace. Non è chiaro al momento se questi Paesi includeranno nazioni arabe o se saranno in gran parte occidentali, ma l’ipotesi che vi possano essere attori regionali (come quelli che hanno già mediato finora: Qatar, Egitto e Turchia) non è esclusa. Proprio i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia continuano a giocare un ruolo cruciale: le trattative con Hamas non sono ancora concluse. Il punto più critico rimane lo status di Hamas: l’organizzazione islamista continua a opporsi all’idea di cedere il potere a un’entità straniera e resiste sul disarmo. Per Hamas, rinunciare alle armi e abbandonare la guida sarebbe una resa politica inaccettabile, anche se i mediatori spingono per una formula che possa garantire la transizione senza violare la dignità interna del movimento. Le autorità statunitensi considerano però questa seconda fase non solo una questione simbolica, ma una vera svolta strategica: senza una struttura di governance credibile e una forza di sicurezza internazionale, Gaza rischia di ricadere in un vuoto di potere che potrebbe riaccendere tensioni o addirittura alimentare una rinascita di Hamas o di altri gruppi militanti. La Casa Bianca ha ribadito che “buon governo” e “garanzie di sicurezza” sono le sue priorità principali. Il piano di Trump prevede anche misure umanitarie molto concrete: la riapertura del valico di Rafah, l’invio di aiuti senza interferenze da parte di Israele o di Hamas, e la distribuzione gestita da istituzioni internazionali come l’ONU o la Mezzaluna Rossa.
Tuttavia, non mancano le incognite. Secondo alcuni analisti, compresi funzionari della sicurezza israeliana, trovare Paesi disponibili a contribuire concretamente all’ISF non sarà semplice. Alcune nazioni, infatti, hanno già espresso riserve sul coinvolgimento diretto in una missione di peacekeeping in un territorio così sensibile e instabile. In più, la sfiducia di Hamas verso attori esterni potrebbe rendere la transizione più fragile del previsto. Da parte sua, Trump – abile nel farsi promotore di questa iniziativa diplomatica – sembra intenzionato a capitalizzare politicamente la gestione post-conflitto: la sua figura sarà centrale nel Board of Peace e nel meccanismo di garanzia internazionale, rendendolo non solo architetto del programma, ma attore permanente nel processo di stabilizzazione. In sintesi, la Casa Bianca sta puntando tutto su una “fase due” ambiziosa: non solo fine delle ostilità, ma costruzione di un nuovo ordine a Gaza. Se l’annuncio arriverà davvero entro due settimane, come indicato dalle fonti, sarà un momento decisivo per il futuro della Striscia e per la credibilità del progetto di pace di Trump.

Articoli correlati

Ultimi articoli