martedì, Dicembre 9, 2025

La frode dei compro oro per “ripulire” 280 chili di gioielli. Sequestrati oltre 60 milioni di euro

Ad accorgersi dei versamenti sospetti sui conti correnti di persone che risultavano nullatenenti sono stati i finanzieri della compagnia di Nettuno.
Dieci persone residenti tra Anzio e Nettuno, tra loro in tanti beneficiano del reddito di cittadinanza per le proprie condizioni di indigenza. Sono infatti persone con gravi difficoltà economiche. All’improvviso sui loro conti bancari hanno iniziato a transitare cifre importanti, bonifici da decine di migliaia di euro. Movimentazioni di denaro su cui la Guardia di Finanza ha voluto vederci chiaro. Le indagini coordinate dalla procura di Velletri hanno ricostruito un sistema che parte dalla capitale e si allarga al di fuori dei confini regionali. Quei versamenti risultano provenire da società di compro oro e un banco metalli, ditta che si occupa della fusione dei metalli preziosi. Tutte realtà attive a Roma. Prima di tutto era necessario “ripulire” oro e gioielli di provenienza non tracciata. 280 chili di materiale che sarebbe passato per un banco metalli di Roma per essere fuso e reso irriconoscibile. Le condotte ricostruite dai militari del nucleo di polizia economico finanziaria di Roma si snodano lungo quattro anni, nel periodo che va dal 2020 al 2024. In questo arco di tempo i compro oro avrebbero compilato finte schede di acquisto per oro e gioielli che, con ogni probabilità, erano proventi di furto. Impossibile ora dimostrare anche il reato di ricettazione semplicemente perché gli oggetti sono stati tutti distrutti nella fusione. Ma quello che rimane sono centinaia di schede false, con le firme dei prestanome e le parziali ammissioni degli indagati: sei imprenditori romani, titolari delle ditte coinvolte. La seconda parte del quadro ricostruito dai finanzieri riguarda il meccanismo con cui sarebbe stata nascosta un’evasione fiscale milionaria. È qui che entrano in gioco le “società cartiere”, società di cui esiste solo il nome, ma non una sede e meno che mai una reale attività. Società di facciata dunque le cui fatture per operazioni a loro volta inesistenti servivano a giustificare pagamenti mai avvenuti con i quali però era possibile ridurre l’imponibile. Anche qui però bisognava movimentare il denaro risparmiato per poterlo riciclare e anche qui il metodo usato è stato sempre quello dei versamenti sui conti dei prestanome, bonifici che venivano immediatamente restituiti a chi li aveva versati: i beneficiari prelevavano le somme in diversi sportelli e le versavano con assegnie bonifici di importo inferiore a quello per cui scattano i controlli bancari. Oltre ai sei imprenditori romani, sono 24 le persone indagate.Tra i beni sequetrati: una villa in provincia di Roma, tre appartamenti di cui due a Nettuno e uno a Roma, dieci negozi e magazzini e due terreni.

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