Teatro e coscienza civica, un legame indissolubile che il Teatro di Roma, su idea del Direttore Artistico Luca De Fusco, concretizza con la prima edizione di Le Verità Sospese, un ciclo di quattro serate-evento dedicate alla ricostruzione critica di altrettanti casi giudiziari irrisolti della storia recente italiana. A partire da oggi e fino al 21 aprile (sempre alle ore 20.00), il palcoscenico del Teatro Torlonia si trasforma in una moderna agorà di dibattito civile, una vera e propria tribuna di confronto, per riaprire la riflessione sulle zone grigie della giustizia, là dove il diritto si scontra con l’opinione pubblica, la verità processuale con quella mediatica e il garantismo con la sete di colpevoli. Con un poker di casi emblematici, posti al servizio della critica del giudizio, si accende un confronto serrato e appassionato, fatto di domande aperte più che di risposte definitive, sulle dinamiche di potere della giustizia e su quelle verità sospese che continuano a interrogare la nostra coscienza civile. Il ciclo si apre con un evento di alto profilo, il caso Mori (L’onore di un generale il 9 dicembre), incentrato sul complesso conflitto tra i successi antimafia, la trattativa Stato-Mafia e le accuse di favoreggiamento. La serata vedrà la presenza dello stesso Generale Mario Mori, conferendo un valore straordinario al dibattito inaugurale. Si prosegue con la condanna di due assistenti universitari in assenza di prove materiali e la verità giudiziaria incerta nel caso Marta Russo (Alla Sapienza, una mattina il 20 gennaio); per continuare a ragionare sul tragico suicidio del deputato socialista che denunciò il clima di pressione e i processi sommari di Mani Pulite con il caso Moroni (Suicidio d’accusa il 17 marzo) e, in chiusura, lo scandalo Hotel Champagne che ha travolto il CSM rivelando le dinamiche delle nomine e delle correnti interne alla magistratura con il caso Palamara (Hotel Champagne il 21 aprile). A confrontarsi saranno due autorevoli voci del giornalismo italiano, Alessandro Barbano e Goffredo Buccini, che offriranno differenti prospettive sull’interpretazione degli eventi; mentre l’attrice Anna Ammirati condurrà gli incontri accompagnando il pubblico tra testimonianze, riflessioni e nodi irrisolti. L’obiettivo è proprio quello di ragionare insieme, coinvolgendo spettatori, lettori e cittadini, sulla labile linea di confine tra giustizia e moralità e su quelle verità sospese lasciate aperte nel dibattito civile. L’iniziativa, infatti, spinta da una profonda vocazione civile e culturale, si pone l’obiettivo non di rifare i processi, ma di ri-raccontare le storie, facendo emergere gli errori giudiziari e stimolando la riflessione critica sul concetto di giustizia contemporanea, spesso inquinata da verità edulcorate e motivate dalla fretta di chiudere i casi. Su questa linea, il Teatro di Roma, con Le Verità Sospese, consolida il suo impegno a legare la riflessione artistica all’attualità, sviluppando una coscienza critica, in particolare tra le platee più giovani, meno influenzate dai pregiudizi mediatici.
L’onore di un generale – Il Caso Mori
Mario Mori, ufficiale dei Carabinieri formato da Dalla Chiesa, guida operazioni decisive contro Cosa nostra, tra cui l’arresto di Totò Riina nel 1993. Il successo contro la mafia porta però Mori al centro di tre procedimenti giudiziari: ritardo nella perquisizione del covo di Riina, presunto favoreggiamento della latitanza di Provenzano e presunta trattativa Stato–mafia. In tutti i casi viene assolto: le sentenze confermano che non furono condotte trattative né forniti favori alla criminalità. Mori resta una figura controversa nella storia italiana, simbolo delle tensioni
Suicidio d’accusa – Il Caso Moroni
La storia di Sergio Moroni è una delle ferite più profonde di Mani Pulite. Deputato socialista e dirigente del Psi, si suicida il 2 settembre 1992 dopo aver ricevuto due avvisi di garanzia durante l’inchiesta Mani Pulite. Nella lettera inviata a Giorgio Napolitano denunciava un clima di pressione e processi sommari che travolgevano vite e famiglie. Il suo gesto rimane un simbolo tragico di quella fase politica, segnata da conflitti intensi tra giustizia e politica.
Alla Sapienza, una mattina – Il Caso Marta Russo
Il 9 maggio 1997 Marta Russo, 22 anni, studentessa di Giurisprudenza, viene colpita alla testa da un proiettile mentre cammina nel vialetto dell’università. Muore cinque giorni dopo. L’inchiesta diventa subito una delle più controverse della cronaca italiana: nessuna arma ritrovata, nessun movente credibile, una dinamica mai chiarita. Nonostante l’assenza di prove materiali e di un legame certo con il fatto, due assistenti universitari, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, che si sono sempre dichiarati innocenti, vengono condannati per omicidio colposo e favoreggiamento. Il processo lascia aperti enormi dubbi: nessuna prova diretta, nessun riscontro tecnico decisivo. Un caso che, ancora oggi, per molti resta il simbolo di una verità giudiziaria lontana da qualsiasi certezza.
Hotel Champagne – Il Caso Palamara
Luca Palamara è stato il più giovane presidente dell’Anm e poi il primo a esserne espulso. Nel 2019 un trojan installato sul suo cellulare rivela conversazioni che mostrano il ruolo di mediatore nelle nomine dei vertici delle procure. Da lì esplode lo scandalo dell’Hotel Champagne, dal nome del luogo in cui avvenivano le riunioni decisive. Il Csm ne esce devastato. Nel 2020 viene radiato dalla magistratura, decisione confermata dalla Cassazione. Viene accusato di corruzione. Il processo si conclude nel 2023 con un patteggiamento a un anno per traffico di influenze. Ma la sua storia è ben lontana da potersi dire conclusa.






