La vincitrice del Premio Nobel per la Pace (2023), l’iraniana Narges Mohammadi è stata arrestata di nuovo. L’attivista 53enne partecipava a una cerimonia di lutto nella città nord-orientale di Mashhad, Insieme a lei arrestati anche altri attivisti. La cerimonia in memoria dell’avvocato per i diritti umani Khosrow Alikordi, la cui morte – avvenuata una settimana fa – in circostante sospette ha generato indignazione nell’opinione pubblica iraniana. Insieme a lei arrestate le attiviste Sepideh Gholian, Hasti Amiri, Pouran Nazemi, Alieh Motalebzadeh anche loro presenti all’evento. A rendere noto l’accaduto la Fondazione a lei dedicata e le ong per i diritti umani, come Hengaw, citati da Iran International. Mohammadi, stava scontando una pena detentiva complessiva di 13 anni e nove mesi per accuse inerenti la sicurezza nazionale, ma dal Dicembre del 2024 aveva ottenuto dagli Ayatollah un congedo per motivi di salute. Khosrow Alikordi, ex prigioniero politico impegnato nei diritti dei manifestanti incarcerati, è stato trovato morto la scorsa settimana in circostanze poco chiare nel suo ufficio a Mashhad. In molti, tra attivisti e avvocati, hanno messo in dubbio la versione ufficiale delle autorità secondo cui l’uomo sarebbe morto a seguito di un arresto cardiaco e ipotizzavano un possibile coinvolgimento delle forze di sicurezza. Javad Alikordi, fratello della vittima, ha dichiarato in un messaggio audio che le forze di sicurezza hanno picchiato la premio Nobel e un altro attivista prima di portarli via. I fermati, ha aggiunto come riporta Iran International, sono stati trasferiti in un centro di detenzione collegato al servizio di intelligence delle Guardie Rivoluzionarie a Mashhad. E sebbene il congedo dovesse durare solo tre settimane, il periodo di libertà si è allungato, grazie anche alla solidarietà e alla pressione della comunità occidentale sulla Repubblica islamica iraniana, affinché la lasciasse libera. È rimasta fuori anche durante la guerra di 12 giorni a giugno tra Iran e Israele. Mohammadi ha continuato il suo attivismo con proteste pubbliche e apparizioni sui media internazionali, inclusa una manifestazione di fronte al famigerato carcere di Evin dove era detenuta. Negli anni Mohammadi ha ripetutamente affermato di aver ricevuto gravi minacce da parte dei pasdaran. Ad agosto alla rivista tedesca Der Spiegel ha denunciato che agenti dell’intelligence iraniana le avevano rivolto minacce di morte, dirette e indirette. All’epoca il presidente del Comitato norvegese per il Nobel affermò che Mohammadi aveva avvertito che la sua vita era in pericolo, citando quelle che lei descrisse come minacce di “eliminazione fisica” ordinate dagli Ayatollah iraniani. Mohammadi ha accusato le autorità iraniane di aver intensificato la pressione sulla società civile dopo il cessate il fuoco di giugno con Israele, affermando che venivano presi di mira in particolare attivisti, giornalisti e oppositori del regime.






