Mosca ha minacciato ritorsioni a breve contro l’Unione Europea in seguito al congelamento a tempo indeterminato degli asset russi, mentre si intensificano i negoziati tra i ventisette Paesi membri in vista del Consiglio Europeo che dovrà decidere sul loro utilizzo. Dopo l’annuncio della Banca Centrale Russa di aver intentato una causa contro Euroclear – il centro di custodia titoli che detiene la gran parte dei beni russi immobilizzati nell’UE, pari a circa 185 miliardi su un totale di 210 – la portavoce del Ministero degli Esteri Russo, Maria Zakharova, ha definito il blocco “un vero e proprio banale ladrocinio”, aggiungendo che “si tratta di un atto assolutamente illegale che viola gravemente il diritto internazionale”. D’altro canto, la decisione in Europa sull’utilizzo di tali fondi appare tutt’altro che scontata, e anche il Governo italiano esprime cautela, sebbene con toni diversi. Il Vice Premier Matteo Salvini ha definito il congelamento degli asset “un azzardo e un’imprudenza”, rivendicando la linea prudente del Governo. “Non siamo in guerra contro la Russia – ha sostenuto – e confiscare beni e soldi ha una controindicazione evidente: i russi faranno altrettanto.” Salvini ha ricordato che in Russia operano 314 aziende italiane, avvertendo che “a Bruxelles qualcuno sta scherzando col fuoco.” Più cauto il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha distinto tra congelamento e utilizzo dei beni. “Abbiamo approvato il blocco degli asset russi, ma questo non implica automaticamente il loro impiego per finanziare l’Ucraina,” ha spiegato, sottolineando le “serie perplessità giuridiche” sul dossier. “Se dovessimo perdere un contenzioso – ha avvertito – ci sarebbe un danno d’immagine per l’Italia e per l’Europa.” Tajani ha poi ribadito il sostegno a Kiev, ma ha invitato a valutare “soluzioni alternative” finché permangono i dubbi legali. Intanto, proseguono i contatti diplomatici in vista del summit di giovedì e venerdì a Bruxelles, con i finanziamenti all’Ucraina ancora indicati tra parentesi quadre nella bozza di conclusioni del Consiglio Europeo, che richiedono l’unanimità. I ripetuti veti dell’Ungheria hanno già spinto l’UE a esplorare strade alternative, come l’approvazione dell’avvio dei negoziati di adesione sull’Ucraina ottenuta quando il Premier ungherese Viktor Orban si è allontanato per un caffè. Più di recente si è inaugurata la prassi delle dichiarazioni della presidenza sull’Ucraina appoggiata da ventisei leader, ma la partita per trovare il consenso al prossimo Consiglio sembra la più complessa di questa stagione. Sui regolamenti coinvolti, tuttavia, è stata trovata la via per procedere a maggioranza qualificata. Ungheria e Slovacchia hanno votato contro il rinnovo a tempo indeterminato delle sanzioni, mentre Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno chiarito di aver votato a favore per “spirito di cooperazione”, sottolineando che un uso dei beni russi “deve essere deciso a livello dei leader”. Va notato che se in seguito si dovesse votare sul regolamento sul prestito, i Paesi restanti sarebbero in teoria sufficienti a garantire la maggioranza qualificata con oltre quindici Stati (sarebbero ventuno) rappresentanti più del 65% della popolazione (sarebbero il 79%). Quanto al regolamento già votato venerdì a maggioranza qualificata, esso stabilisce che i beni di Mosca saranno sbloccati solo al verificarsi congiunto di tre condizioni: la cessazione della guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, il pagamento di riparazioni a Kiev e la cessazione del rischio oggettivo di gravi difficoltà per l’economia dell’UE e dei suoi Stati membri. La Bielorussia ha rilasciato 123 prigionieri politici, tra cui molti stranieri e diversi nomi di peso come il Premio Nobel per la Pace Ales Bialiatski e la celebre dissidente Maria Kolesnikova, una delle leader delle proteste anti-regime del 2020-2021. Tra i liberati figura anche l’ex banchiere Viktor Babariko, che nel 2020 aveva osato sfidare Aleksandr Lukashenko alle elezioni presidenziali ed era finito in cella. Questo gesto di buona volontà da parte di Lukashenko, il più stretto e fidato alleato di Vladimir Putin, dimostra il suo apprezzamento per le avance diplomatiche di Donald Trump. Per conto del Presidente statunitense, l’inviato speciale della Casa Bianca, John Coale, ha trattato a più riprese l’alleggerimento delle sanzioni economiche americane. Sabato, dopo un viaggio a Minsk in cui ha parlato personalmente con l’ex “ultimo dittatore d’Europa”, Coale ha annunciato la fine dell’embargo sull’acquisto della potassa, una terra ricca di potassio alla base di molti fertilizzanti. Poco dopo, un account Telegram legato a Lukashenko ha dato l’annuncio che il Presidente aveva “graziato 123 cittadini di diversi paesi.” Dei prigionieri liberati, 114, inclusa Kolesnikova, sono stati trasferiti in pullman verso l’Ucraina, in particolare gli stranieri che figurano come cittadini di Australia, Regno Unito, Lituania, Polonia e uno statunitense. Anche Bialiatski e Babariko hanno lasciato il Paese: Bialiatski ha scelto di recarsi in Lituania, raccontando di essere stato portato bendato a bordo di un pullman dopo la scarcerazione. “La nostra lotta va avanti” perché “le nostre aspirazioni non hanno ancora dato frutto,” ha commentato a caldo da Vilnius il sessantatreenne fondatore del centro bielorusso Viasna (Primavera), che diffondeva informazioni ufficiose sulle repressioni politiche. Il Nobel gli era stato attribuito nel 2022, quando era già dietro le sbarre, a pari merito con l’ONG d’opposizione russa Memorial e il Centro per le Libertà Civili ucraino. “Penso alle persone che non sono ancora libere e aspetto il momento in cui potremo abbracciarci tutti,” ha invece dichiarato in un video del programma ucraino ‘Voglio Vivere’ Maria Kolesnikova, che, dopo la contestata rielezione di Lukashenko nel 2020, è stata una delle tre principali leader delle proteste, duramente represse, insieme a Svetlana Tykanovskaya e Veronika Tsepkalo, entrambe fuggite e ora in esilio all’estero. Nel filmato, la leader ha espresso “un senso di felicità irreale” e ha parlato brevemente al telefono con Volodymyr Zelensky. L’inviato di Trump, John Coale, si è goduto i frutti del suo lavoro: con Lukashenko – ha detto Coale, citato dal New York Times – “abbiamo parlato del futuro, di come procedere lungo un percorso di riavvicinamento tra Stati Uniti e Bielorussia per normalizzare le relazioni.” “Questo è il nostro obiettivo,” ha aggiunto al termine del suo quarto viaggio quest’anno a Minsk, dopo che lo scorso settembre Washington aveva promesso di togliere le sanzioni sulla compagnia aerea nazionale Belavia. Secondo Coale, la benevolenza di Lukashenko, proprio per la sua vicinanza a Putin, potrebbe tornare utile a Trump, agendo come una delle tante leve per tentare di mettere fine alla sanguinosa guerra in Ucraina.
Asset congelati, Mosca avverte L’Ue. Minsk libera 123 prigionieri politici






