Il Consiglio Europeo che si riunirà domani a Bruxelles per decidere su come finanziare l’Ucraina nei prossimi due anni si preannuncia complicato. Il nodo principale del summit è il via libera, o eventualmente lo stop, a un prestito Ue all’Ucraina, il cosiddetto prestito di riparazione, basato sui beni congelati alla Banca centrale della Federazione Russa, che ammontano a 210 miliardi di euro, 185 dei quali sono nelle disponibilità di Euroclear, colosso belga che è uno snodo critico del sistema finanziario globale, attivo nella compensazione, regolamento e custodia di titoli su molti mercati finanziari, non solo europei ma anche americani e asiatici. Problema: i Paesi che hanno qualche perplessità, a vario titolo, sulla proposta presentata dalla Commissione non sono pochi. Se ne contano almeno sette, e sono solo quelli venuti allo scoperto. Il Belgio è contrario fin dall’inizio, essendo il Paese che rischia di più. Italia, Bulgaria e Malta hanno votato con Bruxelles per rendere semi-perenne, a maggioranza qualificata, il congelamento dei beni russi, invocando l’articolo 122 del Tfue, mossa che per Viktor Orban, affezionato al veto, equivale ad uno “stupro” del diritto Ue. I quattro Paesi hanno però allegato una dichiarazione al voto in cui chiedono di esplorare opzioni alternative e meno rischiose. Un alto funzionario Ue tende a non attribuirle troppo peso: “E’ solo una dichiarazione in cui gli Stati membri approvano la soluzione, ma chiariscono le condizioni”, sostiene. Ungheria e Slovacchia sono da tempo su posizioni non allineate con la direttrice maggioritaria filo Ucraina, del sostegno ‘as long as it takes’, per tutto il tempo necessario. La Repubblica Ceca ha un primo ministro, Andrej Babis, appena tornato al potere, che viene dai Liberali ma che ora milita nei Patrioti per l’Europa, il gruppo del Rassemblement National e della Lega. Il miliardario ha già detto che Praga non intende contribuire alle garanzie necessarie affinché il prestito assomigli il meno possibile ad una confisca. Il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa, spiega la fonte, riterrebbe “ideale” avere un accordo “a 27”, cosa che però “non sarà possibile”, visto la scontata contrarietà dell’Ungheria, che peraltro, allo stato, sta bloccando le conclusioni su Ucraina e allargamento, come ha riferito la ministra danese Marie Bjerre. L’ideale sarebbe un ok “a 26”, quindi “speriamo che sia il più vicino possibile a 26”. Tuttavia, spiega, è impossibile fare previsioni ora: “Decideranno i leader”. Il fatto è che l’alternativa messa sul tavolo dalla Commissione, un prestito basato sull’headroom del bilancio Ue, sulla falsariga ‘tecnica’ di Next Generation Eu, necessita dell’unanimità. Unanimità che non c’è, perché l’Ungheria è contraria, non da oggi. Il problema, però, è politico e riguarda altri Paesi, in primis la Germania, dove l’AfD è prima nei sondaggi. Per questo, il cancelliere Friedrich Merz non può permettersi, in queste condizioni, di spiegare agli elettori tedeschi che occorre fare debito per aiutare l’Ucraina. Come ha confermato più volte l’Alta Rappresentante Kaja Kallas, l’idea di fare debito Ue per sostenere Kiev, da lei lanciata quando era ancora premier dell’Estonia, “non ha preso quota”. Per la fonte, questa ipotesi di lavoro, che pure la Commissione ha messo sul tavolo ben sapendo che sarebbe stata bocciata, “non è realistica”, dato che la presidenza danese l’ha portata in Coreper e “uno Stato membro era chiaramente contrario”. Pertanto, questa opzione “è stata messa sullo scaffale”. E dunque, l’alto funzionario spiega che una “cospicua maggioranza” di Stati membri appoggia l’idea del prestito di riparazione, che resta la “soluzione sulla quale lavorare” per il Consiglio Europeo. “Vedremo che cosa succede”.






